Le ricette del magnate americano per “salvare l’umanità” sono analizzate criticamente nel saggio “L’uomo che vuole risolvere il futuro” (Bollati Boringhieri) di Fabio Chiusi, che ne attesta l’incompatibilità con la democrazia parlamentare
L’uomo più ricco del mondo – secondo le recenti stime fornite dal Bloomberg billionaires index – è Elon Musk, che nel 2023 ha guadagnato ben 227 miliardi di dollari, superando il fondatore di Amazon Jeff Bezos (175 miliardi) e l’amministratore delegato di Lvmh Bernard Arnault (173 miliardi). Nella top ten dei “paperoni” si sono classificati altri sette magnati statunitensi che operano nel settore dell’alta tecnologia (Steve Ballmer, Sergey Brin, Warren Buffet, Larry Ellison, Bill Gates, Larry Page, Mark Zuckerberg). L’implementazione dell’intelligenza artificiale ha consentito un incremento dei profitti delle grandi aziende hi-tech pari a circa 658 miliardi di dollari (vedi Sara Capponi, Chi sono le persone più ricche del 2023?).
L’uomo più potente del mondo
Musk, nato in Sudafrica, si è trasferito in Canada nel 1989 ed è diventato cittadino statunitense nel 2002. Il miliardario – laureatosi in Economia e in Fisica – controlla aziende all’avanguardia come Neuralink (impresa di neurotecnologie), SpaceX (compagnia aerospaziale), Tesla (multinazionale automobilistica), The boring company (ditta di costruzioni), xAI (società attiva nello sviluppo dell’intelligenza artificiale), X (ex Twitter). È, inoltre, proprietario di Starlink, una costellazione satellitare che fornisce la connessione web ad alta velocità (vedi La guerra titanica per il dominio sul geospazio).
Il docente e giornalista Fabio Chiusi ha scritto l’interessante saggio L’uomo che vuole risolvere il futuro. Critica ideologica di Elon Musk (Bollati Boringhieri, pp. 134, € 12,00), nel quale spiega come il magnate sia riuscito a creare una sorta di nuovo culto imperniato su «una incrollabile fede nel potere salvifico della tecnologia […] e nella capacità della scienza e della tecnica di risolvere […] problemi sociali, politici, economici complessi».
L’ideologia del muskismo
Chiusi prova a elaborare soprattutto «una critica ideologica dei fondamenti su cui poggia il pensiero di Musk, delle loro conseguenze e del loro strutturarsi come comandamenti». Le idee del tycoon gli appaiono contraddistinte da una visione del mondo manichea e tecnocratica che ha acquisito fin da giovane, quando – essendo affetto dalla sindrome di Asperger e vittima di bullismo – divenne un lettore compulsivo di romanzi fantascientifici come Il ciclo delle fondazioni (Mondadori) di Isaac Asimov e Il signore degli anelli (Bompiani) di J.R.R. Tolkien.
Musk, infatti, si considera un novello Hari Seldon, lo scienziato “psicostorico” che – nel ciclo asimoviano – sviluppa «equazioni in grado di predire il corso della storia» per salvare la civiltà umana dalla barbarie. Un altro personaggio letterario al quale egli s’ispira è Samvise Gamgee, l’eroe della saga tolkeniana che – insieme a Frodo Baggins – distrugge l’Anello «e con esso tutto il male del mondo».
L’influsso di Adams e del longtermismo
Il magnate è stato influenzato anche dalla Guida galattica per autostoppisti (Mondadori), l’ironico romanzo di Douglas Adams nel quale s’immagina che un supercomputer riesca a formulare la «risposta alla domanda fondamentale sulla vita, sull’universo e tutto» (che però consiste solo in un enigmatico… numero 42!).
Lo scrittore britannico – secondo Musk – è ricorso a una metafora satirica per far capire ai lettori che «l’universo è la risposta, e a noi spetta trovare quali domande porre per meglio comprendere la risposta» (vedi # – Elon Musk The Joe Rogan experience).
Molte idee muskiane attengono al longtermismo, una dottrina elaborata dal Movimento per l’altruismo efficace, sorto nel 2011 all’Università di Oxford. I suoi teorici (Nick Bostrom, William MacAskill, Toby Ord, ecc.) sostengono – discutibilmente – che «l’umanità viene prima di ogni umano» e, pertanto, «garantire la piena espressione […] del genere umano presente e futuro abbia la precedenza su qualunque obbligo morale verso singoli individui».
La “superintelligenza” e la “nuova era”
I seguaci del longtermismo condividono il principio di utilità elaborato da Jeremy Bentham, secondo il quale l’agire morale deve perseguire «la più grande felicità per il maggior numero di persone» (Un frammento sul governo, Giuffrè). Tale prospettiva etica si coniuga con una concezione della storia di tipo ciclico, che comporta la funesta previsione di una prossima fase di decadenza dell’umanità, innescata da un cataclisma o da un uso distorto della tecnologia. Se, infatti, si giungesse a costruire una “superintelligenza” in grado di pensare e agire autonomamente, essa potrebbe imporre «una dittatura eterna sull’umano» oppure provocare l’estinzione dell’homo sapiens.
Il crepuscolo della civiltà, tuttavia, si potrà scongiurare se sarà programmata in tempo una “superintelligenza” «benevola, e benefica, per il futuro dell’umanità». Solo così si potrà conseguire uno «stadio di salvezza permanente» ed entrare in «una “nuova era” di abbondanza e progresso tale da non consentire più nemmeno […] un declino».
I tecnocrati al potere
La paura dell’apocalisse ha indotto Musk a investire ingenti somme di denaro nella ricerca aerospaziale per trasportare «l’umanità tra le stelle prima che una catastrofe […] l’annienti». L’esigenza filantropica di «risolvere il futuro», ossia di prevederlo e orientarlo, si associa in lui all’istanza – tipicamente neopositivista – di “fisicalizzare” la conoscenza umana, cioè di eliminare ogni tipo di sapere che non si basi sul metodo sperimentale.
Musk «si è definito in passato “socialista” e “utopista anarchico”», ma di recente ha aderito a un’ideologia politica elitista e tecnocratica, avvicinandosi al Partito repubblicano e manifestando «credenze e comportamenti sempre più affini all’estrema destra americana» (vedi L’endorsement di Elon Musk al Partito repubblicano). Le regole della democrazia parlamentare costituiscono – secondo lui – un intralcio al progresso tecnologico e, pertanto, è preferibile delegare la conduzione degli stati a ingegneri, scienziati e tecnici (come già teorizzato a suo tempo da Francis Bacon, Auguste Comte e Claude-Henry de Saint-Simon).
Utopia o distopia?
Musk, infatti, è convinto che nel prossimo futuro non ci sarà più bisogno del «professionismo politico» e si potrà «eliminare la politica attraverso la scienza e la tecnologia». I partiti e i parlamenti, pertanto, diventeranno superflui e le divergenze d’opinione tra i tecnocrati saranno risolte tramite i referendum popolari via web. Questo sistema istituzionale (tecnocrazia + democrazia diretta digitale) dovrà essere esteso anche alle colonie umane che, nel prossimo futuro, si stabiliranno su Marte.
Il muskismo – a nostro avviso – presenta evidenti tratti distopici e prefigura un mondo alquanto simile alle angoscianti società totalitarie descritte da Aldous Huxley (Il mondo nuovo, Mondadori) e George Orwell (1984, Mondadori). È di tale avviso anche Chiusi che – in conclusione del saggio – stigmatizza le elucubrazioni del magnate americano, assimilandole alle «utopie di benessere e abbondanza […] che in realtà si traducono in distopie antipolitiche di discriminazione e repressione».
Le immagini: locandina della Bollati Boringhieri per L’uomo che vuole risolvere il futuro; copertine del libro di Chiusi e di Guida galattica per autostoppisti (Mondadori) di Douglas Adams; un uomo in tuta da astronauta (concessa a uso gratuito per www.pexels.com).
Giuseppe Licandro
(LucidaMente 3000, anno XIX, n. 218, febbraio 2024)