Investiti dal chiasso, dalla confusione, dall’aggressività, dalle movide, anche per i laici, gli agnostici, gli atei, gli edifici di culto restano gli ultimi baluardi della civiltà del pensiero, della spiritualità e della dignità umana
Premessa. Sono ateo. Non materialista. Se mi è consentito l’ossimoro, sono ateo/agnostico spiritualista. Ovvero chi ritiene che, pur senza credere in un dio-persona e in alcuna religione storica, la realtà non possa limitarsi solo alla materia, ai meccanismi sociali, economici, politici. Che occorra una ricerca dell’assoluto, del sacro, anche se laici o atei. Forse un mondo senza religioni o, meglio, senza le violenze dei fanatismi religiosi, sarebbe migliore [leggi La risposta (giusta ma improponibile) dell’ateismo].
Ma, forse, sarebbe peggiore perché la grande maggioranza degli esseri umani necessita di paure di punizioni divine e tabù per evitare che nel pianeta prevalga del tutto la regola dell’homo homini lupus… Seppure i milioni di morti in guerre, aggressioni militari, colpi di stato, operazioni di false flag ecc. dei soli ultimi decenni siano altresì una prova della stessa inefficacia della funzione morale delle religioni.
La sarabanda infernale della nostra epoca
Tuttavia, in questo modesto scritto non intendo trattare di religione, ma del malcostume dei nostri tempi (leggi Il lento, triste disorientamento del mondo “globale”). E di come, nel suo imperare incontrastato, anzi agevolato dai poteri dominanti, trovare un «varco» (avrebbe detto Eugenio Montale), un attimo salvifico, un minimo recupero di dignità umana.
Già scrivevamo più di dieci anni fa (vedi La divina bellezza del silenzio): «Siamo travolti, molestati, violentati, da una peculiarità tipica della società moderna che la caratterizza e che troviamo dappertutto. In Europa, negli Stati uniti, in Brasile, in Cina, in Asia, in Africa. Il rumore. Un chiasso invadente, costituito non solo dal sempiterno rumore del traffico. Anche quando questo manca, ecco la musica sguaiata, in stadi, negozi, supermercati, persino ristoranti. Ed ecco l’abitudine di parlare ad alta voce, di urlare, anche quando sarebbe più proficuo sussurrare, magari parole d’affetto o d’amore. Prevale invece un chiacchiericcio banale, volgare, vuoto: piuttosto che parlare (e scrivere) male (anche dal punto di vista grammaticale), perché non ci si sta zitti? E, se si entra in una casa, la tv è sempre accesa, una sorta di antidoto contro un nemico che mette paura, che terrorizza: il silenzio, ovvero la possibilità di pensare, di riflettere, di avvicinarsi alla bellezza, alla meditazione, alla spiritualità. Al punto che è ormai invalsa la consuetudine di applaudire ai funerali (!)». E continuavo citando Il profumo del nichilismo. Viaggio non-moralista nello stile del nostro tempo (Solfanelli) di Luigi Iannone.
Rumore, sporcizia, degrado
Il saggista afferma che «“il silenzio non è più di moda perché ci lega al trascendente mentre il rumore ha una funzione orizzontale”. Pertanto, “l’orgia dei suoni” tanto più ci sommerge nel resto della vita e delle nostre giornate, in quanto “il silenzio che è di per sé lacerante potrebbe rappresentare una forza di aggregazione per una società caotica e rinviare a un confronto diretto con i grandi temi, inclusa la morte”».
Oggi la situazione è ancora peggiorata. Oltre al chiasso e la rumore, è degradata pure la convivenza civile: prevale la maleducazione, il “tu” sgraziato, la sporcizia e il degrado urbano, la perpetua movida, il graffitismo che altro non è che il corrispondente pervasivo rumore visivo all’interno delle città (e a scapito dei poveri abitanti delle case deturpate).
Non è possibile sottrarsi a tutto questo. Il che ci rovina l’esistenza, la nostra qualità della vita, il nostro equilibrio psicologico e spirituale. Possiamo preservare solo delle oasi di tranquillità, di dignità umana, di recupero di una dimensione spirituale e trascendente.
Se pensate a giardini pubblici e biblioteche, forse sbagliate. Spesso i primi sono maltenuti e popolati da una discutibile fauna umana. E da tempo pure le seconde non sono luoghi nei quali al massimo si può bisbigliare, pena un rimbrotto e un zittìo da parte di un altro lettore.
Le chiese, dove c’è bellezza, pulizia, silenzio, ordine
Ricordo la meraviglia e la commozione che mi avvolsero molti anni fa quando, per presentare una bella silloge poetica di Giovanna Secondulfo, fu scelta come luogo dell’evento una sala interna di una splendida cattedrale della prima periferia di Milano. Rimasi incantato dall’ampiezza della struttura (compresi gli spazi circostanti), dal biancore assoluto, dal silenzio, appena contornato dai gioiosi gridolini dei bambini e dei ragazzini del vicino campetto di calcio.
Da allora, quando mi è possibile, per sfuggire la disarmonia circostante, mi rifugio entro una chiesa, la prima che incontro. L’architettura, le sculture e i dipinti che vi si trovano mi conducono alla bellezza. Il silenzio a ritrovare la propria anima, quindi alla ricerca interiore, alla contemplazione, alla meditazione trascendentale, superando l’ansia e l’angoscia che ci tormentano. L’ordine alla riflessione razionale. La pulizia al tentativo – sempre inutile – di purificare se stessi, atomi opachi del Male, di depurare gli odi, le passioni, i vizi. L’altezza delle colonne, delle navate, al cercare di innalzarsi verso l’alto, verso un trascendente che tace, ma che ci auguriamo esista, non sappiamo in quale forma e modalità.
Entrare e fermarsi in una chiesa
Appena potete, provate anche voi (anche se non siete credenti, anche se non seguite alcuna religione o culto religioso, anche se avete dimenticato le preghiere o, comunque, non pregate e non vi rivolgete all’Assoluto), a entrare in una chiesa e restarvi per qualche tempo. Possibilmente non in una di quelle ultravisitate da turisti che spesso vi si addentrano guardando senza vedere. È lo stesso invito rivolto da Marcello Veneziani: Andate in chiesa, starete meglio. Funziona anche per chi non prega (in LaVerità, 30 luglio 2023, p.13). E fate in fretta, prima che basiliche, cattedrali, chiese, siano sconsacrate, demolite o trasformate in supermercati.
A proposito, ci stiamo avvicinando al Natale. Ovvero, nella stranita visione dei più, alla festa godereccia, consumista e mangereccia di babbo natale. Allora, io preferisco il mistero di Gesù Bambino e di un dio che si è fatto uomo per salvare l’umanità…
Le immagini: foto a uso gratuito da Pexels (autori: Maria Orlova e Mehmet Turgut Kirkgoz).
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVIII, n. 216, dicembre 2023)