Lo spropositato aumento dei prezzi di gas e petrolio, le scelte delle industrie di produrre auto più grandi e costose e lo stigma ideologico ne renderanno in futuro difficile l’acquisto da parte di una famiglia di reddito medio-basso. Un altro pezzo di democrazia che se ne andrà
Una delle indiscutibili icone della società industriale, dei consumi di massa e dei prodotti alla portata di (quasi) tutti è costituita dalla famigliola che si reca in vacanza in automobile. La Ford Model T, il maggiolino della Volkswagen, la “due cavalli” della Citroën, la Fiat 500 e persino le sovietiche Moskvich-408 e Lada, simboleggiavano la motorizzazione privata per tutti, in epoche di ottimismo e gioia dei consumatori nel poter fruire di oggetti prima riservati a una ristretta cerchia di benestanti.
Esiste una democrazia politica, ma anche una democrazia degli acquisti, e probabilmente vi è una correlazione tra le due. Nelle società senza penuria è più facile che i cittadini, non tormentati dalle impellenze quotidiane, si interessino e partecipino alla vita politica del loro Paese. La sfrenata corsa consumistica verso acquisti inutili e/o “firmati” è alienante e pericolosa, ma che le classi sociali medio-basse possano fruire di un benessere costituito anche da oggetti quali frigorifero, lavatrice e autovettura di proprietà ci sembra molto positivo. E, comunque, molto meglio un’economia basata sulla produzione di oggetti utili che quella finanziaria speculativa che oggi appare prevalente (vedi i nostri articoli pubblicati lo scorso mese Chi sono i più potenti del mondo?; La finanza spietata: dal boom dei titoli degli armamenti allo sciacallaggio sui debiti sovrani e sulle aziende in crisi; Perché l’odierno capitalismo finanziario è sempre più incontrollabile). Oggi si demonizza l’energia proveniente da combustibili fossili e l’automobile, in quanto ritenuti molto inquinanti e responsabili del cambiamento climatico. Tuttavia, anche se è antipopolare affermarlo, il petrolio e la benzina sono stati fattori di netto miglioramento della qualità della vita e di democratizzazione dei consumi.
Non solo i ricchi, ma anche i poveri hanno potuto per decenni non patire il freddo e provare la gioia di spostarsi autonomamente con la famiglia, di viaggiare, di conoscere luoghi lontani, nonché di migliorare il proprio patrimonio culturale. Ma, molto plausibilmente, tutto questo sta per finire. Pandemia, guerra in Ucraina, appropriazione cinese delle materie prime, hanno già fatto schizzare in alto tutti i prezzi e in particolare quelli dell’energia. L’automobile utilitaria, destinata alle famiglie dal reddito medio-basso, è destinata a essere una delle prime vittime dei rivolgimenti in atto. Le cause sono molteplici, ma convergenti (leggi anche Carlo Cambi, L’inutilitaria. E ora la svolta «verde» cancella l’auto per tutti, in Panorama, n. 15, 6 aprile 2022). Partiamo da quella ideologica. Qualcuno la definisce una ecodittatura.
Non sempre per motivi razionali, si criminalizzano le auto a combustione interna (motori endotermici). Non si colpevolizza soltanto: le tasse, spesso green, sono inique, i costi dei carburanti alle stelle, sempre più aree di sosta vengono sottratte dai Comuni ai cittadini… Per fortuna, secondo l’ideologia alla Greta dominante, il vecchio parco auto verrà obbligatoriamente sostituito con quello “elettrico”. Peccato che, però, i prezzi di cobalto, litio e nichel – necessari per le batterie elettriche per auto – siano aumentati vertiginosamente. Ma anche quello di platino e palladio, essenziali per i convertitori catalitici, e del neon, elemento chiave per la produzione di semiconduttori (microchip). Di tutti tali minerali la Russia è spesso tra i principali estrattori e la Cina, se non sempre lo è, li controlla. Se solo una batteria viene a costare 7 mila euro, come si fa a vendere un’utilitaria a 10.000 euro? E, data la carenza di semiconduttori, si preferisce utilizzarli sui modelli più costosi. Intanto, anche per il ritardo nella consegna delle auto nuove, legato appunto alla carenza di elementi, c’è stato il boom del prezzo delle vetture usate, in genere destinato soprattutto alla fascia di consumatori meno benestanti.
Sicché ai maggiori gruppi del settore automobilistico conviene produrre e vendere auto di grossa cilindrata, in modo da ottenere più ricavi tra costi di produzione e prezzo di listino: un altissimo valore aggiunto impossibile coi modelli economici. E, come possiamo dedurre dal martellamento degli spot pubblicitari, le industrie e i fondi d’investimento più “avvertiti” come BlackRock si sono da tempo posizionati sulla presunta green economy. Scriviamo presunta perché smaltire pannelli solari o costruire batterie per auto richiede un’energia inquinante forse maggiore di quella evitata. Ma, si sa, chi si fa persuadere da un’ideologia, non ha più occhi per vedere né orecchie per sentire… E che i poveri (in automobile e, per di più, con la famiglia “tradizionale”) vadano in malora!
Le immagini: Anche se spesso accostata alla grande crisi del 1929 e ai terribili anni seguenti di miseria, la foto World’s Highest Standard of Living è conosciuta anche come At the Time of the Louisville Flood (Margaret Bourke-White, in Life Magazine’s, febbraio 1937); infatti è stata scattata appunto a Louisville in occasione della rovinosa alluvione del fiume Ohio del 1937 (da wikipedia.org, di pubblico dominio); a uso gratuito da pixabay.com.
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVII, nn. 199-200, luglio-agosto 2022)