Attraverso alcune figure carismatiche, in “Sulla rotta dei ribelli” (ad est dell’equatore) Emilio Lonardo elogia l’anticonformismo, la sete di giustizia e libertà, il coraggio di opporsi al potere costituito
Esiste la letteratura di viaggio. Esiste la letteratura biografica dei “ribelli” (ad esempio, Imperdonabili. Cento ritratti di maestri sconvenienti di Marcello Veneziani, da Dante a Schopenhauer, da Leopardi a Wilde, da Mishima alla Campo, da Marx a Pasolini). Emilio Lonardo ha avuto la bella intuizione di abbinarle nel suo Sulla rotta dei ribelli (ad est dell’equatore, pp. 160, € 13,00).
Da Cuba al subcontinente indiano
Instancabile viaggiatore, cultore della spiritualità orientale, nel corso dei suoi innumerevoli percorsi in lungo e in largo per il pianeta, si è recato a visitare i luoghi-testimonianza di molteplici personaggi carismatici, diversissimi tra loro, ma con in comune una dote importante: ciascuno a suo modo, non ha accettato l’ingiustizia e la sopraffazione (coi loro corollari di conformismo, rassegnazione, sottomissione).
Colpisce la varietà dei “ribelli”. A Cuba incontriamo le tombe del militare-avvocato Federico Capdevila, del geniale scacchista José Raul Capablanca, del mentore di Fidel Castro, Eduardo Chibás. E il busto dell’indigeno Hatuey, che si oppose ai massacri dei “colonizzatori” spagnoli e che, prima di essere arso, disse che avrebbe preferito l’inferno piuttosto che rincontrare in paradiso i crudeli cristiani!
In India Lonardo rievoca un esempio raro, se non unico, di un uomo dal potere assoluto che si ribella al suo stesso Potere: il grande imperatore Aśoka I (304 a.C.-232 a.C.). I suoi 28 straordinari editti scritti su rocce o colonne sono un inno alla tolleranza e alla dedizione altrui. In uno di essi troviamo scritto: «Il progresso reale ha forme diverse, ma alla sua base c’è la moderazione nell’esaltare la propria religione come nel criticare l’altrui religione. […] Si deve sempre rispetto alle religioni altrui».
La convivenza delle religioni e delle opinioni
Se Aśoka I è accostato al buddhismo, Akbar il Grande (1542-1605) era musulmano, terzo imperatore Moghul. Regnò sull’odierno Pakistan, sull’India settentrionale e buona parte dell’India peninsulare. Può sembrare quasi incredibile, visto l’odierno integralismo islamico, ma quel sovrano conciliò indù e musulmani e fece dialogare in pace tutte le numerose correnti spirituali e religiose presenti nel suo dominio. Tra l’altro, abolì la tasse sui non musulmani, ma anche il suicidio obbligato delle donne indù alla morte del marito.
Lonardo rievoca anche il Leone del Panjshir, Aḥmad Shāh Masʿūd, nemico giurato dei talebani, che sarebbe stato una garanzia per un Afghanistan moderno, tollerante e prosperoso. Ma una sua bellissima e lungimirante lettera del 1998, rivolta agli Stati uniti, rimase inascoltata. In Vietnam Lonardo si commuove davanti alla Austin celeste del monaco buddista Thích Quảng Đức, che nel 1963 si diede fuoco per protestare contro la repressione della dittatura cattolica di Ngô Đình Diệm, sostenuta dagli Usa.
L’autore ci ricorda pure Fiorello La Guardia, il sindaco di New York di origini pugliesi, dal 1934 al 1945 fuori dalle logiche di partito.
L’indignazione per il presente
La scrittura di Lonardo è pacata, come se intendesse rispettare il lettore, che può così godere appieno degli appunti di viaggio, degli episodi biografici narrati, delle amare riflessioni. Ma essa diventa più acre quando fa riferimento all’Italia post Prima Repubblica. L’autore è convinto che senza ribelli e anticonformisti una nazione decada.
I padri costituenti e gli uomini politici immediatamente successivi erano persone temprate dall’antifascismo e da un alto spirito morale e patriottico. In seguito «la classe dirigente di questo paese si è riprodotta […] solo attraverso meccanismi di cooptazione, meccanismi che favoriscono in modo evidente l’estendersi di comportamenti conformistici e, quindi, una selezione della classe politica (e della classe dirigente nel suo complesso) che dà sempre meno rilievo alla competenza, all’autonomia di giudizio, alla moralità».
Così va avanti chi obbedisce, chi asseconda, chi blandisce…
Oggi dove sono i “ribelli”?
Ma ancora più impressionante è la considerazione che «una classe politica di basso profilo e tutta dedita a coltivare i propri privilegi di casta, oltre che ingessare le dinamiche politiche democratiche, si presenta debole e colpevolmente o dolosamente subalterna a importanti centri di potere economico». Non è purtroppo ciò che da decenni sta avvenendo, con la completa sottomissione della politica ai poteri sovranazionali, a loro volta più o meno occultamente manovrati dalle élite economico-finanziarie?
E, a nostro parere, il maggiore problema odierno è che coloro i quali potrebbero apparire come gli odierni “ribelli” sono in realtà tra i più comodi burattini del Potere globale [leggi anche Il conformismo dei “trasgressivi”]…
Le immagini: oltre alla copertina del libro, a uso gratuito da pexels.com.
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVIII, n. 210, giugno 2023)