Ong e catastrofisti climatici: la fiera della doppiezza e dell’illegalità, l’odio verso l’Occidente e la sua cultura. Ma chi sta dietro di loro, chi li finanzia, chi li paga?
Siete persone normali (se tale termine è ancora utilizzabile, cioè non è proibito dall’ideologia dominante e non risulta offensivo). Quindi dovete lavorare, sfamare voi e la vostra famiglia, pagare le tasse e le bollette, ecc.? Ebbene, chi ve lo fa fare? Inoltre, siete proprio privi di coscienza civile, umanitaria e ambientalista!
In alternativa, avete varie scelte. Ad esempio, imbarcarvi, con lauti stipendi da “volontari”, in costosissime navi per consentire il trasbordo da Nordafrica all’Italia di varia umanità, la minima parte davvero profughi o perseguitati politici. Il tutto in consonanza con le organizzazioni malavitose che gestiscono il traffico di carne umana traendone immensi profitti, e favorendo altresì altri sfruttatori, italiani e stranieri, che attendono nella penisola nuovi arrivi da impiegare, sottopagandoli, nelle campagne, nell’edilizia, nel mercato della droga o della prostituzione. E vi considereranno persino salvatori di naufraghi, sebbene la stragrande maggioranza delle imbarcazioni soccorse non siano in difficoltà o lo siano volutamente. I codici internazionali e la pura e semplice umanità obbligano al soccorso di chi è in panne o sta affondando, ma anche a denunciare l’eventuale dolo, in questo caso con lo scopo dell’immigrazione clandestina. Mutatis mutandis, è obbligatorio intervenire se un automobilista la cui auto ha preso fuoco o ha avuto un incidente, ma l’assicurazione non verserà un euro se il tipo, avendo lui stesso procurato l’incendio o l’urto, vuole incassare dei soldi.
Il vostro grado di ipocrisia non vi spinge verso l’umanità sofferente e “in cerca di migliori condizioni di vita”, ma avete a cuore natura, piante, animali, habitat e pensate che siamo pressoché giunti all’irreversibile catastrofe climatica planetaria e che occorra finirla con le emissioni di anidride carbonica (sebbene molti prestigiosi scienziati abbiano pareri diversi)? Bene: potete perdere e far perdere tempo bloccando il traffico lungo tangenziali o strade a grande scorrimento, ottenendo il bel risultato di far aumentare inquinamento e le emissioni di CO2 in zona; oppure imbrattare capolavori della civiltà occidentale, dimostrando, sotto sotto, che una delle nostre vere molle è la cancel culture e l’odio verso tutto ciò che di bello e buono ha prodotto l’Occidente. Sottolineiamo Occidente, perché, di manifestare in Cina, India o in altri paesi più responsabili per i guai climatici, non se ne parla proprio. Eh sì, lì si rischia grosso davvero… E lì rispettano e sanno come far rispettare le proprie civiltà, cultura e arte.
Beh, si sa, da sempre il modo migliore per raccattare soldi e, per di più consenso, è quello della (finta) beneficenza. Ne sanno qualcosa le cooperative, le associazioni e tutti coloro che speculano sul buonismo, ossia la carità pelosa (leggi A chi i profughi? A noi!). Ma pensate se un normale cittadino, al di là degli impegni vitali di cui dicevamo all’inizio che dovrebbe abbandonare, volesse fare tutto questo gran bene all’umanità e al pianeta con le azioni sopraccitate… Quante manganellate, denunce e anni di carcere si prenderebbe? A levare il velo all’ipocrisia immigrazionista e ambientalista hanno provato, tra gli altri, alcuni recenti articoli-inchiesta di Fausto Biloslavo (Flotta da sbarco, in Panorama, n. 47, 16 novembre 2022, pp. 8-13) e di Maddalena Loy, ex giornalista de l’Unità (I finti ribelli; Miliardari annoiati e disoccupati che si lavano la coscienza coi soldi; Da Soros, Gates, Kennedy e Getty i finanziamenti ai rivoltosi climatici, in LaVerità, 14 novembre 2022, pp. 14-15).
Come si evince dal titolo, l’articolo di Biloslavo punta i propri riflettori sui cosiddetti taxisti del mare, vale a dire le Organizzazioni non governative (Ong) che trasbordano i presunti profughi dalle coste della Libia a quelle italiane, tra i quali, secondo la vulgata massmediatica, molti “malandati e minori”. Così, infatti, ha definito il 4 novembre i propri imbarcati il comandante di Rise Above, nave di Mission Lifeline, di Dresda, battente bandiera tedesca. Ma «un filmato di Rai News 24 svela la beffa: gli “ospiti”, che dovevano essere mezzi morti e sull’orlo dell’ammutinamento, salutano l’equipaggio come vecchi amiconi. Non solo: gran parte dei “minori” sono ragazzoni alti due metri che dimostrano ben più della maggiore età». Fonti riservate, riportate da Biloslavo, affermano che «le Ong del mare agiscono come una vera e propria flotta, che si sostituisce agli Stati e si danno il cambio in maniera coordinata. Adesso puntano su navi grosse che possono imbarcare anche un migliaio di persone».
«Le “operazioni” sono condotte da 18 assetti navali di varie dimensioni, bandiere e caratteristiche attualmente “in servizio” presso 13 diverse Ong basate in 5 paesi europei. La parte del leone spetta alla Germania che concede la bandiera a 10 navi. Poi vengono Spagna (3), Norvegia (2) e solo una batte bandiera italiana, la Mare Jonio». In realtà sono “navi da diporto o di appoggio”, che non hanno la certificazione per il soccorso, ma “svolgono sistematicamente questa attività fra le acque di competenza libica e maltese”. Alla flotta occorre aggiungere tre aerei privati. E da Alarm phone, una sorta di «centralino di barconi», si ricevono le chiamate e si raggiungono le persone in mare, che siano in difficoltà o meno per trasbordarle. Quanto costa tutto questo? «L’ammiraglio di divisione in riserva, Nicola De Felice, è convinto che “bisogna seguire la pista dei soldi. Le navi delle Ong che battono bandiera tedesca o norvegese sono finanziate dalla chiese locali. Humanity 1 riceve dei fondi fissi del governo di Berlino attraverso la Chiesa protestante”».
Aggiunge il giornalista: «La nave, costata 1 milione e 300mila euro, è la vecchia Sea Watch 4 ammodernata nel porto di Vinaros in agosto. I soldi del governo tedesco arrivano attraverso Aktion Deutschland Hilft, un cartello di associazioni, come United4Rescue». Così gli sbarchi in Italia nel solo 2022 sfiorano ormai i centomila (leggi anche Antonio Amorosi), con ciascun migrante che paga tra i 6 mila e i 10 mila dollari. È facile immaginare il guadagno dei trafficanti di esseri umani e il loro brutale sfruttamento come lavoratori in Libia e altri Paesi al fine di far raggiungere loro quelle somme da capogiro. Quale possibile soluzione a tale strage di umanità? Per Paolo Quercia, docente di Studi strategici, occorre «cooperare con aiuti economici ai Paesi che sono in grado di contenere i flussi e perseguire attivamente le reti criminali dei traffici».
E passiamo ai talebani dell’emergenza climatica. Secondo le inchieste di Maddalena Loy, il finanziatore alla base dei vari gruppi autori delle note bravate, quali l’interruzione del traffico, l’imbrattamento di opere d’arte e il blocco di eventi sportivi, è il Climate emergency fund (Cef), con sede a Beverly Hills, «fondato da miliardari americani come Ailleen Getty, Rory Kennedy, e quel Trevor Neilson, pupillo di Bill Gates, che produce, toh, combustibili sostenibili». Il Cef appoggia appunto la Rete A22, della quale fanno parte Ultima generazione in Italia, Extinction Rebellion nel Regno unito, Derniere renovation in Francia e Letzte Generation in Germania. Gli attivisti vengono indottrinati, formati, difesi legalmente per i loro atti criminosi e, addirittura, «chi partecipa alle azioni ha un rimborso spese che consente ad alcuni “volontari” di guadagnare fino a 400-450 euro a settimana». Margaret Klein Salamon, direttore esecutivo del Cef, ha dichiarato che «il movimento deve agire come se la verità fosse reale, impiegando comunicazioni di emergenza». Quasi un’ammissione che forse la catastrofe climatica è una panzana (1.200 scienziati con a capo il premio Nobel per la Fisica 1973, il norvegese Ivar Giaever, hanno firmato una petizione che la smentisce), ma serve per spostare investimenti verso le industrie “verdi”.
Per chi si oppone alla menzogna codificata, la gogna mediatica e il manganello sono immeditati. Si va dall’accusa di negazionismo, se ci si oppone al dogma della catastrofe climatica, a quella di fascismo e razzismo, se si denunciano i trafficanti di carne umana (si veda il caso dell’interruzione violenta da parte degli attivisti delle Ong della proiezione del film L’urlo di Michelangelo Severgnini, avvenuta a Napoli lo scorso venerdì 25 novembre nell’ambito del Festival dei diritti umani; leggi pure Ong-scafisti, la prova regina sul loro legame: “Non voglio partire. Ma…”). Certo, molti degli attivisti ecologisti e degli immigrazionisti sono dei ragazzotti ingenui, “utili idioti”, marionette telecomandate, ma, come abbiamo visto, sono forse molti di più coloro che ne traggono notevoli benefici economici; come dimostra, tra gli altri, il caso della famiglia Soumahoro, che non è un’eccezione, ma quasi la regola aurea per cooperative, associazioni, ecc., che ora fingono di essere sorprese o scandalizzate, mentre conoscono bene il business dell’accoglienza e dell’assistenza coi soldi pubblici. Occorre aprire gli occhi, in primo luogo proprio per salvare davvero la vita ai migranti ingannati dai trafficanti, per evitare agli occidentali un futuro di povertà e aiutare il pianeta senza favorire gli speculatori greenwashing.
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Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVII, n. 204, dicembre 2022)