Un’apparente beffa sfociata in un doppio suicidio: il caso di Forlimpopoli e l’aggressiva spettacolarizzazione de “Le Iene”. Il silenzioso quanto infido pericolo delle relazioni virtuali e una grande, vera responsabile: la solitudine
Uno scherzo sul web finito male ha causato, in appena un anno, un doppio suicidio: quello di entrambi i protagonisti di una storia che ha dell’incredibile. Spesso la navigazione in rete serve “su un piatto d’argento” – a chi la opera – la protettiva convinzione di avere il mondo in mano. Un suo errato utilizzo può però sfociare in un progressivo allontanamento dalla vita reale, con conseguenze talvolta tragiche. La vicenda riportata il mese scorso dai principali mass media ne è un esempio. Vediamo insieme come si sono svolti i fatti. Anche se ormai il caso è tristemente pubblico, sentiamo il pudore e il dovere deontologico, che tutti i professionisti dell’informazione dovrebbero applicare, nonché per il rispetto dovuto a vittime e loro famigliari, di menzionare i protagonisti deceduti con nomi di fantasia.
Francesco, un forlivese di 24 anni, conosce sul web una sedicente ventenne Irene e rimane folgorato dalla sua bellezza. Il sentimento viene presto ricambiato, sempre on line: la giovane donna, divenuta poi la sua fidanzata “virtuale”, gli invia, nell’arco di un anno, ben 8.000 messaggi. In queste missive si arriva quindi a ipotizzare un matrimonio e una prole. In seguito, senza mai passare a una conoscenza personale, Francesco intrattiene contatti anche con un’amica e con un fratello di Irene. Un giorno, però, si accorge che il volto dell’amata – visto soltanto sul profilo di lei – è identico a quello di una modella romana; comprende inoltre che la persona che si nascondeva dietro mentite spoglie è la stessa che fingeva di essere l’amica e il fratello della “fidanzata”. La relazione viene interrotta bruscamente e il 21 settembre 2021 il giovane si toglie la vita; non senza aver prima svelato ai genitori e al fratello, in una lettera, l’esistenza di questa storia virtuale. I familiari riescono a risalire all’impostore – Giovanni, 64 anni, di Forlimpopoli (Forlì-Cesena) – e lo denunciano ai carabinieri. La Procura forlivese emette un decreto penale di condanna per sostituzione di persona nei confronti del sessantaquattrenne, che comporta per lui una sanzione di 852 euro.
In seguito, però, non ravvisando un nesso causale tra il comportamento dell’uomo e la morte del ragazzo, l’indagine viene archiviata. La famiglia di Francesco si oppone: non si vuole arrendere e continua a cercare giustizia per lui. Invia una lettera alla premier Giorgia Meloni chiedendo pene più severe per simili reati; infine, si rivolge alla nota trasmissione Le Iene, la cui troupe televisiva raggiunge Giovanni nel centro del suo paese. Ai microfoni l’uomo risponde: «È stato uno scherzo; se [Francesco, ndr] aveva dei problemi di testa non è colpa mia». Nonostante gli fosse stato oscurato il volto, molti concittadini lo riconoscono.
Successivamente alla messa in onda, sui muri del paese compaiono manifesti con scritte del seguente tenore, a lui rivolte: “Maledetto devi morire e bruciare all’inferno”. L’uomo non regge la vergogna. A meno di una settimana dalla puntata de Le Iene che lo vede protagonista, alle 7 del mattino del 6 novembre scorso la madre trova il suo corpo senza vita riverso nella propria camera. Nessuna lettera o biglietto che spieghi il gesto. I primi riscontri fanno presumere un decesso causato da un cocktail di farmaci ingeriti durante la notte precedente. Si allarga così la platea delle responsabilità: infatti anche gli autori di quelle scritte offensive, se individuati, rischiano l’iscrizione sul registro degli indagati per minaccia e istigazione al suicidio. Ma la storia non finisce qui: i familiari di Giovanni stanno infatti valutando un esposto alla Procura di Forlì per istigazione al suicidio o violenza privata, avendo Le Iene mandato in onda la puntata nonostante una diffida per iscritto. La trasmissione appare però coperta dal diritto di cronaca e dal fatto che le interviste sono state condotte lungo strade pubbliche e non presso il domicilio privato dell’uomo.
Considerando l’epilogo dell’esistenza dei due protagonisti possono balzare alla mente le antiche tragedie greche, caratterizzate da personaggi che decidono di porre fine alla loro esistenza spesso a causa di una passione non corrisposta. Anche qui si parla di amore nonostante, come sappiamo, si trattasse di una farsa: una diabolica messa in scena sul palcoscenico più calcato del mondo – il web –, architettata per prendersi gioco, nell’arco di un anno intero, di una persona sconosciuta. Ribadiamo, di un soggetto ignoto: siamo infatti dell’idea che, per poter affermare di conoscere un individuo, lo si debba realmente incontrare; ci si regali il privilegio di vivere concretamente la relazione con lui, scambiandosi reciprocamente parole, abbracci o baci reali; non accontentandosi degli emoji o, più in generale, della rete.
Poco importa se, fatti alla mano, a questa relazione virtuale abbiano potuto concorrere la pandemia e il conseguente divieto di uscire di casa, azzerando momentaneamente ogni relazione sociale reale. Ci si chiede: come si è potuto prolungare così a lungo uno scherzo – è irrilevante se nel mondo Lgbt+ o meno – nato, desideriamo supporre, per essere temporaneo? Come si è potuto pensare di creare addirittura tre profili fake per dare enfasi a una storia d’amore perfetta? Ma, si sa, la vita reale non è affatto idilliaca. Com’è accaduto, quindi, che la mente umana si sia fidata – senza alcun beneficio di dubbio – di una persona mai vista negli occhi e di cui non si era percepito il calore nemmeno di una sincera stretta di mano? Lasciamo la risposta agli esperti in materia. Non desideriamo infatti elencare qui le motivazioni ma soltanto chiamare all’appello la vera grande responsabile di tutto questo: la solitudine. Quel sentirsi isolati pur all’interno di una community composta da migliaia di persone, alcune coscienziose e altre meno, che navigano in rete spesso alla ricerca del loro “posto nel mondo”. Sull’argomento vedi anche, sulla nostra rivista:
…Fino alla “cybersexual addiction”
Il “sexting” contagia anche gli italiani. Minorenni compresi
Incontri, amore, sesso… basta un clic. Ma…
Le immagini: a uso gratuito da pexels.com e pixabay.com.
Emanuela Susmel
(LucidaMente 3000, anno XVII, n. 204, dicembre 2022)