Replica di un lettore alle affermazioni di Eugenia Roccella
Eugenia Roccella, con la consueta nota intelligenza, su Il Tempo del 23 agosto, in un articolo intitolato Non chiediamo contributi alla Chiesa, scrive: «Chi fa questa richiesta sembra ignorare che le attività della Chiesa sono già un immenso contributo di solidarietà (meglio: di carità, e dunque, come ricorda Benedetto XVI, di amore), di cui l’Italia gode in misura maggiore rispetto ad altri paesi».
Intanto va precisato che la Chiesa “ama” con i soldi che le provengono dai fedeli e dallo stato italiano. Niente di male ovviamente, anzi, tutto di bene. E va anche precisato che se la Chiesa non facesse carità non sarebbe Chiesa, e forse cesserebbe di esistere.
Ma riguardo alla questione: poniamo che la Chiesa impieghi in opere di carità l’80% (percentuale a caso) del denaro che riceve, e tenga il resto per sé. Se il resto le permette di accumulare «tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano» e non «tesori in cielo, dove tignola e ruggine non consumano» (Mt 6,19), ciò che si chiede alla Chiesa non è di sacrificare il denaro destinato alle opere di carità (sarebbe assurdo!), bensì un pezzetto del tesoro accumulato sulla terra.
Capito, Eugenia, non a caso Roccella?
Attilio Doni – Genova
(LucidaMente, 24 agosto 2011)