“Kaosland” (Byoblu Edizioni) di Michele Dalla Palma fa il punto sull’attuale «disordine mondiale». Nel quale l’anello più debole è proprio l’Unione europea
Appena lo scorso gennaio avevamo già recensito un bel libro di Michele Dalla Palma, noto soprattutto per essere fotografo, esploratore e instancabile viaggiatore. Il suo titolo era Sopravvivere al nuovo ordine mondiale. Note e Appunti sul tramonto dell’Occidente per chi non crede alle verità della dittatura finanziaria (Byoblu Edizioni, pp. 384, € 22,00).
Dal dollaro alla mercificazione umana
In quell’utilissimo volume l’autore ordinava la miriade di avvenimenti freneticamente succedutisi negli ultimi anni, invitando tutti a riacutizzare il pensiero critico per cogliere la realtà che ci circonda e demistificare gli strumenti di manipolazione del Potere dominante. Un tentativo di resistere e opporsi in ogni modo alle violenze e distopie attuate soprattutto dalla dittatura finanziaria.
Ora intendiamo analizzare un altro ottimo contributo controcorrente di Dalla Palma. Si tratta del recente Kaosland (Byoblu Edizioni, pp. 214, € 15,00). Dal sottotitolo/esplicazione lunghissimo: Appunti e opinioni sul possibile tramonto dell’impero americano e il probabile fallimento della globalizzazione, per capire il disordine mondiale. Anch’esso, come l’opera precedente, è ricchissimo di preziose citazioni, tratte da alcuni dei pensatori più lucidi dei nostri tempi e intende essere un taccuino di appunti che prova a rammentare e comprendere la realtà e a collocare le sue varie sfaccettature in modo ordinato.
E lo fa con una certa chiarezza nei dodici capitoli che, insieme a Prefazione, Prologo e Postfazione, compongono, il libro spaziando dagli Stati uniti ai Brics, dall’egemonia del dollaro al commercio mondiale, dal capitalismo neoliberista e finanziario alla mercificazione degli esseri umani, dal controllo assoluto sulle masse (e sugli individui) alla strategia delle emergenze continue, fino ad arrivare all’insignificanza europea.
Impero o governo mondiale di uno Stato indebitatissimo?
Protagonisti della prima parte del volume sono gli Usa. Che, per chi non lo sapesse, sono lo Stato più indebitato del mondo. A fine 2022, infatti, il loro debito era di 305 trilioni di dollari, ovvero il 420% in rapporto al Pil! I motivi per cui, sebbene in tale situazione, l’impero “amerikano” continua a dominare il mondo sono molteplici. E, soprattutto quando si arriva al livello economico-finanziario, davvero difficili da comprendere per il cittadino comune («ciò che sostiene il valore del dollaro sui mercati internazionali è la capacità degli Usa di vendere, non beni e servizi, ma debiti»).
Vediamone alcuni, rimandando all’opera di Dalla Palma per un quadro più esaustivo. Innanzi tutto, gli Usa «non si comportano come un potere imperiale», magari il più potente, ma come se fossero alla testa di un «Governo mondiale». La differenza, pertanto, è che non si rapportano agli altri Paesi – anche alleati – come entità autonome, ma intendono dirigere univocamente l’“ordine mondiale”. Tale prepotenza può essere ricercata, a nostro parere, nelle radici della nascita degli Usa, con la loro bigotta componente messianica, oggi rinnovata in senso “liberal” (leggi Lucio Leante, Ucraina: il messianesimo americano degli orfani del comunismo, in Opinione.it).
Ma anche, come scrive Dalla Palma, nella «brutalità dell’epopea del West, basata sulla violenza e sulla risposta violenta», nonché sul fatto che tutt’oggi «gli americani sono, in gran parte» un popolo armato, pronto a farsi giustizia sommaria». Del resto, è sufficiente seguire qualche tipico film hollywoodiano: vi dominano aggressività, brutalità, sparatorie, coprolalia…
L’umanità e il sociale sacrificati alla prepotenza e all’economia capitalistico-finanziaria
L’aggressività, l’intolleranza e la disumanità restano tra i tratti che contrassegnano gli Usa. Anche perché, comunque, «la strategia imperialista di una nazione sacrifica gli interessi, il benessere e le garanzie sociali della propria popolazione». A tal riguardo Dalla Palma fa, tra gli altri, tre esempi significativi.
La distruzione delle Filippine (all’epoca territorio statunitense) e la morte di 1,6 milioni di loro abitanti nel corso della Seconda guerra mondiale a causa dei bombardamenti per “liberarli” dai giapponesi (anche noi italiani ne sappiamo qualcosa a proposito dei “liberatori” dai nazifascisti, “marocchinate” comprese…). L’estremo squallore nel quale vivono le popolazioni del delta del Mississippi. Lo sfruttamento al limite del sadismo dei lavoratori (un caso per tutti: la catena di supermercati Walmart).
E tale cultura statunitense si è ormai diffusa nel mondo: «Il neoliberismo ha vinto non solo la guerra economica, ma anche quella ideologica. […] L’interesse del capitalismo neoliberista è focalizzato sulle merci, che si vendono e si comprano producendo guadagni. Il capitalismo trasforma TUTTO in merce: la natura, la cultura, la storia, la coscienza e anche le persone. TUTTO deve poter essere venduto e comprato, e la produzione di merci giustifica e incentiva lo sfruttamento. […] Il valore della dignità umana non è contemplato».
Può apparire incredibile, ma «nella nostra epoca, ci sono più persone in stato di schiavitù rispetto a qualsiasi altro momento della storia».
L’insignificanza dell’Europa
In un mondo in cui peraltro compaiono spinte multipolari e nel quale emergono nuovi protagonisti, come i Brics e i popoli dell’ex “Terzo Mondo”, l’Europa, a causa anche e soprattutto dell’Unione europea, serva sciocca di Usa e Alleanza atlantica, mostra tutto il proprio declino e appare condannata alla futura insignificanza. La causa è aver rinunciato ai propri valori e alla propria cultura (ma anche alla proprie tradizionali produzioni e attività economiche) per sottomettersi a spietate élite interne ed esterne.
Scrive Dalla Palma: «L’Europa della finanza governata dal capitalismo neoliberista si è dedicata a tempo pieno alla creazione di un mondo basato sulle banche e sui dividenti, tralasciando e impoverendo il settore manifatturiero. […] Le “politiche comunitarie” sono in realtà istanze, neppure tanto velate o ambigue, di gruppi di potere e lobby sovranazionali, che rispondono a referenti lontani dalle capitali del Vecchio Continente, e tutto hanno in agenda fuorché l’interesse dei cittadini europei».
Il capitalismo della sorveglianza: essere sfruttati e sentirsi felici
Ma come fanno statunitensi, europei, gli altri popoli sottomessi agli interessi capitalistici a sopportare tutto questo? A non preoccuparsi del continuo peggioramento delle loro condizioni di vita e della propria società?
Gli strumenti del sistema di potere sono vari. Il Web, che sembra fornirci libertà e possibilità di comunicare col mondo, mentre in realtà è un sofisticato, tecnologico, dispositivo di sorveglianza e di ricezione-indirizzamento dei nostri gusti, desideri, impulsi, e, quindi, dei nostri consumi, spesso compulsivi, e altrettanto di frequente di merce inutile o di cibo-spazzatura. Carte elettroniche, passaporti sanitari, tessere di ogni tipo, che rendono controllate le nostre vite. La politica delle emergenze continue (guerra, malattia, clima), con la diffusione di paure, angosce e panico che annichiliscono le energie positive e lo spirito critico. A livello più generale, «la perdita di ruolo degli Stati, ridotti a meri esecutori, in favore di poteri sovranazionali che dettano le “linee-guida” alle quali tutta la società, compresi i governi nazionali, devono sottostare».
E lo svuotamento dei meccanismi democratici, dalle elezioni alla partecipazione diretta.
Controllo dell’informazione e ignoranza diffusa
Gli unici veri ostacoli allo strapotere imperante sarebbero l’informazione e la conoscenza. Ma, ovviamente, anche questo ci viene negato. Infatti, sono sotto gli occhi di tutti l’allineamento della maggior parte dei mass media al pensiero dominante e la persecuzione dei dissidenti (che hanno raggiunto livelli estremi durante l’epidemia Covid-19, ma anche successivamente, con la guerra in Ucraina, il terrorismo climatico, la teoria gender, ecc.): «È la sistematica “guerra” del potere tecno-capitalista alla capacità di giudizio critico e alla richiesta di contraddittorio, attraverso la dittatura dell’informazione».
Ancor peggio sono l’ignoranza e l’analfabetismo imperanti soprattutto tra le nuove generazioni, tra gli studenti, per di più con l’incapacità di comprendere/usare il linguaggio e, quindi, di ragionare. Alla povertà sociale si accompagna, pertanto, la povertà didattica offerta dalla scuola.
Ma il caos è sostenibile all’infinito?
In Kaosland tutto è sempre più veloce, tanto che l’umanità non fa in tempo ad adattarvisi, come invece accaduto alle generazioni precedenti. Lo ripetiamo. Tutto è dominato dall’economia finanziaria; al di là del buonismo di facciata, le persone contano poco o nulla. Tutto tende al controllo totale delle nostre esistenze (vedi web, passaporto sanitario e denaro elettronico). Le libertà individuali e i diritti sociali duramente conquistati nel corso dei secoli stanno dissolvendosi sotto l’azione di nuovi e incontrollati centri di potere. E, come abbiamo visto, è incoraggiata l’ignoranza delle popolazioni, oltre alla loro perdita di identità e del loro senso comunitario.
Concludiamo con le stesse parole di Dalla Palma: «Nuove tragedie umanitarie determinate dall’avidità, dall’egoismo, dal clima o da qualsiasi evento o catastrofe naturale. Il mondo degli uomini assomiglia a un deserto dove ogni idea, ogni ideale e ogni malvagità sembrano vivere di un’esistenza propria […]. Esiste una stirpe di uomini senza volto e senza anima che da ogni disgrazia, da ogni catastrofe, da ogni emergenza riesce a trarre profitti virtualmente infiniti». Il neoliberismo «ha come fulcro e obiettivo il profitto e non il benessere umano. E, come tristemente noto, il caos e le tragedie sono i luoghi migliori per fare ottimi affari!».
Ma quanto è sostenibile il caos incombente in tutti i settori?
Le immagini: oltre alla copertina del libro di Dalla Palma, sono tratte a uso gratuito da Pixabay o da Pexels (autrice delle foto coi dollari Karolina Grabowska).
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XIX, n. 220, aprile 2024)