Ottimi affari per l’apparato militare-industriale e per gli investitori in borsa. Ma restano il rischio nucleare e i danni alla natura. E nessuno pensa agli animali, altre vittime innocenti delle guerre
Le guerre fanno schifo. Le guerre fanno schifo. Le guerre fanno schifo. Sempre. E tutte. Anche quando interventi armati vengono giustificati come reazioni ad aggressioni, invasioni, violenze interne, ammantandoli persino di umanitarismo. Infatti, finisce sempre che i “buoni”, i “liberatori” e gli “esportatori di democrazia e libertà” si macchino di crimini di guerra e contro l’umanità pari, o quasi, ai “cattivi” (genocidio hitleriano/annientamento di Dresda; brutalità giapponesi/bombe di Hiroshima e Nagasaki; o, adesso, oppressione e persecuzione neonazista degli ucraini filorussi/“operazione militare speciale” di Putin; stragi di Hamas/massacri in Palestina).
Peggio che nel corso della Guerra fredda
Ci si era illusi che, perlomeno, non avremmo più visto, e tantomeno vissuto, tragedie simili a quelle della Seconda guerra mondiale (leggi pure I 10 conflitti più sanguinosi della storia, in ispionline.it). Almeno quelle, dato che, tranne gli ipocriti, tutti sanno che dopo il 1945 sono stati e sono tuttora centinaia i conflitti. E milioni i morti, per lo più civili, causati soprattutto da una potenza militare (leggi Dal 1945 ad oggi 20-30 milioni gli uccisi dagli Usa, in ilmanifesto.it).
Oggi il pensiero va solo a Ucraina o Palestina, visto che i mass media mainstream, teleguidati dall’alto, parlano solo di loro, ignorando, quasi razzisticamente, le altre centinaia di migliaia di vite spezzate altrove per motivi bellici. Ma sono decine gli altri sanguinosi conflitti che si combattono oggi sul nostro pianeta, spesso interni agli stessi Paesi, con guerre civili o azioni di bande terroristiche o criminali. Al riguardo occorrerebbe citare metà degli Stati africani, asiatici o latinoamericani, dal Messico al Myanmar, dalla Colombia ad Haiti, dal Nagorno-Karabakh al Sudan e Sud Sudan, dal Mozambico alla Nigeria, dalla Somalia al Congo, dall’Afghanistan allo Yemen…
L’aspetto più inquietante e devastante è che durante la Guerra fredda, anche nelle fasi di maggior tensione e di conflitto attuato con interposti soggetti, non era mai mancato un contatto semidialogante tra Stati uniti e Unione sovietica. Il che ha tenuto lontano il rischio di una guerra nucleare. Oggi questo non avviene più. Il dialogo Usa-Russia è nullo, complicato quello Usa-Cina. Non solo. Si sta accettando “serenamente” l’idea che la Nato e l’ineffabile Unione europea possano entrare in guerra aperta con i “nemici” e che ci si debba preparare pure alla catastrofe nucleare…
Ipocrisie di sinistra…
Altra differenza sostanziale. All’epoca i partiti di sinistra (socialisti, socialdemocratici, comunisti, radicali) erano pacifisti in modo integrale o, perlomeno, cercavano le vie della pace. Tutto ciò conformemente alla loro tradizione anti-guerrafondaia e internazionalista.
Oggi le sinistre, o quel che ne resta, tranne sparute eccezioni, sono salite sul carro dell’industria militare, dell’Alleanza atlantica, dell’interventismo. Il che, in ultima analisi, è conseguenza della loro completa adesione al sistema capitalista neoliberista globalista. E, non a caso, nelle borse chi investe in azioni delle industrie militari sta facendo ottimi affari. Il che vedremo nel prossimo paragrafo.
Ma le contraddizioni delle sinistre non si fermano qui. E rasentano il ridicolo. Dicono di tutelare i lavoratori e invece proteggono le grandi aziende, anche multinazionali, ai danni di artigiani e piccole e medie imprese. Affermano di difendere cultura, scuola e istruzione e, col politically correct e il wokeismo, distruggono ogni traccia di alta tradizione letteraria, artistica, musicale. Sul piano ecologista straparlano di cibi sani e legati al territorio e al suo ambiente, ma opprimono agricoltura e allevamento tradizionali tifando per un’alimentazione a base di insetti, nonché vini, formaggi e bistecche, tutto sintetico. E si lamentano dell’inefficienza del Sistema sanitario pubblico, che anche Governi votati dai loro rappresentanti in Parlamento – ma non dagli elettori – hanno contribuito a distruggere.
I buoni affari dell’industria militare
Sapete quale industria militare ha visto salire di più il proprio valore in borsa nel periodo febbraio 2023-febbraio 2024? Dopo aver offerto il braccio alla patria durante la pandemia, ora potete ancora ben riempire il petto di orgoglio tricolore: «L’italiana Leonardo ha visto salire il proprio valore in borsa addirittura del 79 per cento» [come i seguenti, i dati sono tratti da Guido Fontanelli, In borsa con l’elmetto, in Panorama, 28 febbraio 2024].
Sempre nello stesso periodo, pure alle altre aziende del settore è andata molto bene. Che siano tedesche, francesi o norvegesi, il loro rialzo è stato tra il 18 e il 43%. La guerra in Ucraina ha fatto impennare la domanda di armamenti. Non solo per rifornire il Paese invaso, ma pure per riallestire gli arsenali europei. Secondo i dati dell’Agenzia europea della Difesa, ben 270 sono stati i miliardi di euro spesi per le armi dall’Unione europea nel 2023 (il 12% in più rispetto all’anno precedente). Mentre nel 2022, a livello globale, le spese militari sono ammontate alla stratosferica cifra di ben 2.240 miliardi di dollari (dati del Sipri, Stockholm international peace research institute).
Secondo Fontanelli, «le imprese statunitensi della difesa sono le più gettonate dagli gnomi della finanza perché possono sedersi al più ricco banchetto di spese belliche del mondo: il National Defense Authorization Act» Usa. Che per il 2024 prevede un aumento di spese militari del 3,3% rispetto al 2023, arrivando a 886,3 miliardi di dollari, «più di quanto spendono complessivamente Cina, Russia e India messe insieme».
E, secondo i dati degli analisti di Morningstar, nel 2023 persino i fondi “etici” Esg (Environmental, social, governance) detenevano sostanziose azioni del comparto aerospazio e difesa, con un aumento del 25% rispetto al 2022.
L’impatto delle armi sulla natura
Pertanto, una delle contraddizioni più forti delle “anime belle” è quella tra difesa della natura e aumento degli apparati militari. Le armi rilasciano nell’ambiente emissioni venefiche che rovinano acque, terre, aria, e si propagano ben oltre i territori che hanno già devastato. Ad esempio, cosa assumiamo quando mangiamo prodotti alimentari importati da Ucraina, Israele o altri territori coinvolti in conflitti armati?
A tal proposito paginauno, «rivista di approfondimento politico e culturale», in Stima delle emissioni globali di gas serra del comparto militare, ha ripreso il Report Estimating the Military’s Global Greenhouse Gas Emissions pubblicato nel novembre 2022 da Scientists for Global Responsibility (Sgr) e da Conflict and Environment Observatory (Ceobs). Secondo tale studio, «se il settore militare fosse uno Stato, avrebbe la quarta maggiore impronta di carbonio al mondo».
Infatti, «l’impronta di carbonio totale del comparto militare è pari a circa il 5,5% delle emissioni globali di gas serra». Ma si tratta di dati sottostimati, in quanto, a causa della «preoccupazione dei governi di potenziali restrizioni alle attività militari», l’Accordo di Parigi del 2015 «ha reso volontario il reporting delle emissioni militari», per cui la maggior parte dei Paesi armati fino ai denti non rilascia dati attendibili.
Patti disattesi e speranze per un nuovo quadro giuridico internazionale
Anche la rivista on line dei Carabinieri palesa presa di coscienza e preoccupazione intorno alla problematica. Ha scritto Lorenzo Midili in Gli effetti ambientali dei conflitti armati: la tutela internazionale dell’ecosistema: «Ad ogni episodio di guerra verificatosi nella storia, si collega come conseguenza un danneggiamento ambientale. L’applicazione di armi, l’abbattimento di strutture, gli incendi boschivi e i trasporti militari sono tutti possibili esempi dell’impatto distruttivo che i conflitti hanno sull’ambiente».
Anche pensando solo alle conseguenze sull’aria, è inevitabile l’«inquinamento atmosferico, il quale viene provocato e causato dalle operazioni belliche attraverso lo sviluppo e la sperimentazione di tutti gli aspetti relativi alle armi, all’hardware e agli armamenti militari e la necessaria formazione al loro impiego. La stessa attività militare, con i movimenti di veicoli, armi convenzionali, chimiche e nucleari, risulta essere causa di inquinamento atmosferico per via dell’elevata produzione di polveri e sostanze tossiche».
Purtroppo il quadro giuridico internazionale ai fini della protezione dell’ambiente e si è rivelato molto inefficace, anche perché blando, impreciso, non vincolante e disatteso:
«Il diritto internazionale e il diritto internazionale dei conflitti armati non hanno avuto un risvolto positivo nella prevenzione o risoluzione dei danni ambientali in caso di guerra». Pertanto, conclude Midili, occorrono «nuovi strumenti con regole di diritto militare e procedura militare per una maggiore protezione e osservazione delle preoccupazioni ambientali nella condotta della guerra, come il divieto di attività militari in zone ben precise, impedire l’utilizzo di armi dettagliate nel terreno agricolo, il divieto di circolazione di mezzi militari nelle foreste o nei terreni più sensibili».
Il ruolo dell’Italia e le vittime più innocenti: bambini e animali
E l’Italia? Secondo Gianluca Cedolin (Quanto inquina l’arsenale militare italiano, in Internazionale.it), «l’Italia possiede più di cinquecento aerei militari: ognuno di loro in un’ora di volo consuma mediamente 10-12mila litri di combustibile generando in un anno 642mila tonnellate di anidride carbonica equivalente», senza tenere conto delle missioni internazionali. Ma ci sono pure le navi, i mezzi di terra e lo stesso settore industriale della produzione delle armi. Come potenza di fuoco siamo decimi al mondo.
Per la Rete italiana pace e disarmo, «l’aumento per l’anno 2024 della spesa militare è trainato da un bilancio proprio del Ministero della Difesa che supera per la prima volta i 29 miliardi di euro (29.161 milioni per la precisione) con una crescita di ben 1.438 milioni di euro (+5,1% rispetto al 2023) che fa seguito ad un aumento di circa 1,8 miliardi già realizzato tra il 2022 e il 2023».
Per ultimo, ma non ultimo, un pensiero angosciato rivolto ai milioni di animali vittime delle guerre. Innocenti come i bambini. Pensate forse che le bombe e i missili risparmino le bestie, da quelle domestiche a quelle di allevamento a quelle selvatiche? Ma di loro nessuno parla.
Le immagini: a uso gratuito da Pixabay o Pexels (autori: Shuaizhi Tian; Veronika Valdova).
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XIX, n. 221, maggio 2024)