Le parole di Amadeus e la presenza di Junior Cally al festival hanno scosso i social e l’opinione pubblica italiana, ma il dibattito non fa altro che alimentare, ancora una volta, il solito femminismo malsano e superficiale, rivelatore di un’ostilità univoca, prepotente e prevaricatrice verso il genere maschile
«Deng, deng, deng, batte il martello / ti metto in griglia tipo un agnello / beh, beh, beh, prendo il coltello / faccio il sushi con il tuo uccello». Così canta, nel brano Battere il ferro finché è caldo (2019), la rapper Myss Keta, la cui identità, tanto quanto il volto, resta completamente avvolta dal mistero. Sarà lei, su RaiPlay, a condurre, insieme a Nicola Savino, L’altro festival, lo spazio dedicato al commento della settantesima edizione del festival di Sanremo, in onda dal 4 all’8 febbraio 2020.
Le parole della giovane artista non sembrano aver turbato le sensibili coscienze nazionali tanto quanto le affermazioni rese dal conduttore, Amedeo Sebastiani, in arte Amadeus, nell’ormai celebre conferenza stampa del 14 gennaio. Da settimane infuria la polemica sulla presunta scabrosità del suo intervento, tanto da arrivare fino in Parlamento. Ventinove deputate (Laura Boldrini in testa) hanno infatti sottoscritto una lettera, inviata al quotidiano la Repubblica, in cui si chiede che «Amadeus si scusi pubblicamente e riaffermi l’impegno della Rai nella lotta alla violenza, alle discriminazioni e ai pregiudizi di genere». Una lotta che sarebbe stata intaccata dal riconoscimento eccessivo della bellezza delle conduttrici, nonché dell’umiltà di una di esse, Francesca Sofia Novello, colpevole di non approfittare della notorietà del suo ben più celebre compagno, Valentino Rossi, stando, appunto, «un passo indietro». Al contrario di ciò che fa, ad esempio, Francesca Costa, famosa soltanto perché madre del calciatore Nicolò Zaniolo (Sui social è una star: ecco chi è Francesca Costa, la mamma di Zaniolo).
Altro che maschilismo! Ma nella lettera non compare soltanto un attacco ad Amadeus. Le deputate aggiungono che «poiché tra i cantanti in gara è prevista la presenza del rapper per ragazzini Junior Cally, i cui testi […] sono pieni di violenza, sessismo e misoginia, appare evidente che la direzione artistica del festival di Sanremo 2020 sia in palese contrasto con il contratto di servizio della Rai». Uno dei testi incriminati di Junior Cally, pseudonimo di Antonio Signore, è Strega (2017), un vero e proprio concentrato di oscenità: «Questa frate non sa cosa dice / porca troia, quanto cazzo chiacchiera? / L’ho ammazzata, le ho strappato la borsa / c’ho rivestito la maschera». Ma sul palco dell’Ariston canterà No grazie, in cui si scaglia contro Matteo Salvini e Matteo Renzi (qui il testo completo). Un odio più accettabile, insomma.
La contraddizione è totale. Junior Cally no, Myss Keta sì. Su di lei, nuova icona dell’Enciclopedia Treccani, simbolo della Milano da bere 2.0, nessuno ha nulla da dire. Forse perché è donna? Ma che differenza c’è, tra la violenza contro il maschio delle sue canzoni, e quella contro la donna del «rapper per ragazzini», da bloccare a tutti i costi? La cantante non è forse un membro effettivo dell’entourage dell’evento, proprio come Amadeus? Quando il femminismo si riduce a guerra (unidirezionale) dei sessi, non soltanto trattiene ogni progresso, ma genera il falso e ottuso mito della donna sempre debole e dell’uomo predatore/protettore, come ben spiegato in un articolo pubblicato da LucidaMente (Il caro femminismo, iattura per tutte/i?). In tutto questo, dobbiamo pure rassegnarci al fatto che la trap, il nuovo genere musicale colmo di droga e di violenza (Musica trap: cattiva influenza o specchio della società?), non costituisce più soltanto una semplice moda adolescenziale, bensì rappresenta, a tutti gli effetti, il tema centrale dello show più emblematico della borghesia nazionalpopolare italiana.
Forse è bene ricordare a tutti le parole che Michela Marzano, nota femminista italiana ed esponente politico della sinistra, scrive nel suo libro Sii bella e stai zitta. Perché l’Italia di oggi offende le donne (Mondadori, Milano, 2012): «L’obiettivo della donna non è quello di dominare l’uomo, dopo essere stata dominata per secoli, ma di lottare perché si esca progressivamente da questa logica di dominio».
Le immagini: il teatro dell’Ariston, a Sanremo (autore Jose Antonio, per wikipedia.org, di pubblico dominio).
Federico Tanaglia
(LucidaMente, anno XV, n. 170, febbraio 2020)
Caro Federico Tanaglia, non guardo il Festival da vent’anni e più; Lei mi apre uno squarcio desolante e non posso che condividere le Sue argomentazioni. Il denominatore comune di questi testi mi sembrano la volgarità e una banalità assai “cheap”, che vorrebbe stupire e provocare, ma che risulta quanto mai trita e noiosa. In definitiva, credo, si fanno polemiche (non alludo al Suo articolo) sul nulla e il nulla non le merita. Parlassero tutti meno, sarebbe tanto di guadagnato.