Il saggio “La guerra. È in gioco la nostra vita” (Byoblu Edizioni) di Manlio Dinucci spiega perché dobbiamo preoccuparci e, con un excursus storico dal Secondo dopoguerra a oggi, illustra come si sia arrivati all’attuale drammatica deriva bellicista
Se non vivete completamente fuori dal mondo, inebetiti dai mass media mainstream e proni ai dettami del Potere, sarete preoccupati del rischio di una catastrofe nucleare causata dalla guerra. Avete ragione. Tuttavia, già le armi oggi in uso nei conflitti in corso sono orrende, dalle conseguenze devastanti e irreversibili per le loro vittime.
L’orrore delle armi contemporanee: non solo nucleari, ma anche chimiche, biologiche e “convenzionali”
A esporci l’allarmante quadro degli attuali arsenali militari e a spiegarci quali siano gli effetti del loro uso, nonché, ovviamente, dei ben più noti, quanto a complessiva potenza distruttiva, ordigni nucleari, è il primo dei sei capitoli del libro del giornalista Manlio Dinucci, collaboratore, tra gli altri, del quotidiano il manifesto. Il suo lapidario titolo è La guerra. È in gioco la nostra vita (Byoblu Edizioni, Milano 2022, pp. 96, € 16,00).
Oggi, sulla Terra, vi è l’equivalente di un milione di bombe di Hiroshima. È impressionante la descrizione degli effetti di un’esplosione nucleare, con conseguente “inverno nucleare”, ossia il completo «sconvolgimento degli equilibri climatici e degli ecosistemi» con estinzione delle attuali forme di vita sul pianeta. La catastrofe nucleare potrebbe peraltro avvenire pure per errore, per incidenti o per le «emissioni radioattive degli impianti nucleari militari».
Ma, se pure non vogliamo pensare ai rischi nucleari, esistono anche enormi arsenali di armi chimiche e biologiche, peraltro virtualmente proibite da varie Convenzioni internazionali. E, comunque, pure gli attuali armamenti “convenzionali”, dai proiettili a uranio impoverito, ai droni, alle bombe a frammentazione) sono di una dannosità e crudeltà inaudite (leggi Tra i peggiori nemici dell’ambiente? Le armi).
Le guerre Usa nel mondo
Come si è arrivati a tutto questo? Dinucci compie un’ampia panoramica sugli avvenimenti storici successivi alla Seconda Guerra mondiale fino ad arrivare alla scomparsa dell’Unione sovietica e, quindi, alla situazione odierna. La fine dell’“equilibrio del terrore” della Guerra fredda, invece di recare pace, ha accelerato i conflitti, essenzialmente provocati dagli Stati uniti, rimasti, per almeno un paio di decenni, l’unica superpotenza mondiale.
Ecco le “Guerre del Golfo” contro l’Iraq di Saddam Hussein, anche col pretesto di inesistenti “armi di distruzioni di massa”, la disgregazione della Jugoslavia (nel 1994 si ha la prima azione di guerra della Nato dalla sua fondazione), l’invasione dell’Afghanistan (2003, prima missione della Nato fuori dall’area euroatlantica), la demolizione della Libia e il tentativo di fare altrettanto con la Siria.
Le motivazioni sono sempre apparentemente nobili: “esportare la democrazia”, difendere le popolazioni, abbattere le dittature, evitare i conflitti. Ma non è così; avviene invece proprio il contrario. E, guarda caso, tutti i bersagli degli Usa sono legati dal fatto di avere assunto, in un modo o nell’altro, una posizione indipendente, anche in funzione antiamericana.
E non si tratta solo di strategia geopolitica e militare: l’industria bellica statunitense e tutta l’economia collegata traggono beneficio dal proliferare di guerre e conflitti. I 20-30 milioni di morti provocati, indirettamente o direttamente, dal 1945 a oggi, da Usa e Cia non contano nulla.
A rendersi complici di tali piani ed eventi bellici sono pure Nato e Italia, che agiscono persino in contrasto rispettivamente coi propri Statuti e Costituzioni.
L’accerchiamento della Russia e la persecuzione degli ucraini russofoni
L’ascesa di Vladimir Putin a primo ministro (1999) e poi a presidente della Federazione russa scompiglia i piani statunitensi, che stavano rendendo la Russia una sorta di sottomessa, povera, colonia del capitalismo neoliberista globale. Intanto Usa e Nato estendono la propria area sempre di più, inglobando i Paesi dell’ex Patto di Varsavia fin quasi ai confini russi.
Ultimo stato-cuscinetto resta l’Ucraina. Il colpo di stato del 2014 (Euromaidan), teleguidato da Usa e Cia, fa cadere il presidente regolarmente eletto Viktor Janukovyč per sostituirlo con Petro Porošenko, filo Unione europea, ma, soprattutto, del tutto prono agli interessi statunitensi. Inizia la persecuzione dei cittadini ucraini dell’est di nazionalità russa da parte di un governo – scrive Dinucci – «di cittadini stranieri scelti da Washington e Bruxelles». Il tutto con l’azione spietata dei nazisti ucraini, non solo legalizzati, ma pienamente inseriti nei gangli del potere politico-militare dell’ex repubblica sovietica. I morti sono circa 15.000. I territori a maggioranza russa di Crimea e Donbass (Donetsk e Lugansk) si staccano dall’Ucraina con legali referendum. I protocolli di Minsk del 2014-15 non vengono rispettati e vi è una chiusura totale verso gli ulteriori tentativi di accordo proposti dalla Russia all’Occidente.
Così, nel febbraio 2022, la Russia attacca l’Ucraina (vedi anche Aggrediti e aggressori).
La guerra in Ucraina è un ottimo affare per gli Usa…
Proprio nella stessa data il debito pubblico statunitense supera la colossale cifra di «300.000 miliardi di dollari». Per reggere tale situazione occorre che gli investitori esteri acquistino obbligazioni e altri titoli emessi dal Tesoro e che il dollaro resti la «principale moneta del commercio e delle riserve internazionali».
Ma oggi molti Paesi, tra cui quelli Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), contendono la potenza economica agli Usa. Questi, per restare a galla, si devono affidare ai grandi gruppi finanziari (leggi Chi sono i più potenti del mondo?), che vivono di speculazioni globali, al complesso militare-industriale, al «sostegno delle grandi catene mediatiche e di conseguenza della maggioranza dell’opinione pubblica interna e internazionale».
Quindi, scrive Dinucci, «non è solo il complesso militare-industriale ma l’intero sistema economico e finanziario dominante su sui si basano gli Stati uniti ad avere bisogno della guerra».
…ma non per l’Europa
Gli Usa usano le sanzioni commerciali non soltanto per «attaccare la Russia sul lato più vulnerabile, quello della sua economia fortemente dipendente dall’export di gas e petrolio», ma anche per i propri interessi e guadagni. Infatti l’Europa non può più rifornirsi di combustibili fossili russi, di ottima qualità e a buon mercato, e trasportato con comodi gasdotti. Pertanto è costretta ad acquistare il gas naturale liquefatto statunitense, non solo costoso, ma estratto con metodi dannosi per l’ambiente e complicato da trasportare e utilizzare (liquefazione e rigassificazione).
Inoltre gli Stati aderenti alla Nato devono aumentare le proprie spese militari – tutto denaro sottratto alle spese sociali – per produrre e acquistare armi, per lo più statunitensi.
Oltre agli aspetti umanitari ed economici non sono da dimenticare pure gli altri tragici effetti della guerra in atto: la diminuzione delle libertà e dei diritti democratici; il condizionamento di quasi tutti i mass media, che devono allinearsi ai racconti e alle interpretazioni faziose di fatti ed eventi secondo quanto dettato dal Potere; la depressione e la passività della condizione psicologica delle persone. Tutto già ampiamente sperimentato nel corso della cosiddetta pandemia Covid, con il collegato stato d’emergenza o, meglio, d’eccezione, non a caso previsto e programmato da anni.
Insomma, tutti ci perdono e uno solo ci guadagna…
Le immagini: la copertina del saggio di Dinucci; l’autore; a uso gratuito da Pexels (autori: Pixabay; Freddie Addery; Ilya Perelude).
Rino Tripodi
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)