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Home IL LABORATORIO

Dove osa l’Universo

Nel nuovo libro dello scrittore milanese Giovanni Nebuloni, edito da 13Lab, si addensano misteri e… galleggiamenti inquietanti. Ma, come insegna la corrente letteraria da lui fondata, a tutto c’è una spiegazione e ogni personaggio è correlato agli eventi da un filo rosso che lascerà il lettore a bocca aperta

Maria Daniela Zavaroni by Maria Daniela Zavaroni
5 Agosto 2015
in IL LABORATORIO, PERVENUTI IN REDAZIONE, RECENSIONI
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Nel nuovo libro dello scrittore milanese Giovanni Nebuloni, edito da 13Lab, si addensano misteri e… galleggiamenti inquietanti. Ma, come insegna la corrente letteraria da lui fondata, a tutto c’è una spiegazione e ogni personaggio è correlato agli eventi da un filo rosso che lascerà il lettore a bocca aperta

Lo scrittore milanese Giovanni Nebuloni, fondatore della corrente letteraria Fact-Finding Writing, con la sua ottava opera, Nel nome dell’Universo (Edizioni 13Lab, pp. 316, € 15,00), non si smentisce e non delude, continuando a stupire anche il lettore più esigente: nello stesso denso, veloce, scioccante romanzo, convergono fisica, filosofia, religione, scienza, archeologia, storia e antropologia, passando per crudi omicidi, animali – forse – minacciosi e persone tutt’altro che comuni.

17-Copertina libro NebuloniLa trama si svolge in piena primavera, nel corso di quattro giornate durante le quali – non è un modo di dire – accade veramente di tutto ai personaggi, che si svelano piano piano e danno vita a più storie che convergono, poi, in un unico “perché”. Assieme ad agenti segreti internazionali e addetti ai lavori nucleari, il lettore viaggia rapidamente tra Milano, la Provenza, il Pakistan, la Turchia, la Germania e «un ecosistema in qualche dove, in un certo tempo». Una coppia fredda come il ghiaccio e un uovo che, a dispetto della forza di gravità, galleggia in aria danno avvio a un racconto nel quale non c’è il tempo di annoiarsi. E neanche di affezionarsi troppo ai protagonisti, esseri umani con esistenze affettivamente precluse, quasi criptiche, talvolta imprigionate in relazioni apatiche. Ben presto si scopre che chi comanda il gioco e muove i fili di due uomini e due donne come fossero marionette è niente meno che un reattore nucleare dotato di vita propria, ma via via si avrà un’ulteriore, vera sorpresa su chi li manovra veramente. Qualcun altro. O qualcos’altro.

Un numero incredibile di morti ammazzati costella le vicende a sfondo “nucleare” di persone dalle vite complesse, anche se la storia mantiene una linea sobria, senza essere mai oltremodo cruenta. Piuttosto, curiosa. E a un ritmo incalzante: corpi che si sciolgono e/o evaporano, che si tramutano in «lustrini» o che si moltiplicano; alternanza di buio e luce, di interni quasi sempre inquietanti – come quelli delle case, poco familiari e per nulla calorose – ed esterni singolari, ma non anonimi né banali; piante assassine, pericolosi scorpioni, topi invasivi e condor salvifici; armi, coltelli ed esplosivi, maneggiati da esili donnine-killer come fossero piume; aurore boreali e acqua, tanta strana acqua. Il simbolo della vita, verrebbe da pensare. Ma cosa lega questi elementi? Cosa li colloca nel mondo, il nostro stesso mondo?

17-logo Fact Finding WritingIl romanzo, infatti, non è ambientato in uno spazio fantastico, ma su una Terra che dà segni di forte squilibrio, a partire dalla sua stessa inclinazione. E cosa c’entra un uovo “ribelle” che non vuole cadere in padella? È solo alla fine del libro che si potrà chiudere il cerchio, tirando le fila di una storia interessantissima e complessa che, in iter, disorienta anche il lettore armato delle migliori intenzioni. E proprio il lettore più impaziente dovrà avere fiducia nella Fact-Finding Writing, la corrente letteraria entro la quale, non va dimenticato, si contestualizza un romanzo denso che rincorre se stesso. Egli avrà tutte le risposte che cerca in questo action-thriller ambientalista che parte, si sviluppa e procede da simboli che, con il tempo, acquisiscono ognuno uno scopo preciso. Il ritmo della storia rallenta un po’ laddove si parla dettagliatamente di fisica quantistica e di fusione nucleare, anche se nel finale un imprevedibile e veloce colpo di scena chiarisce tutto; addirittura, in esso è indicata la strada per salvare il pianeta dall’autodistruzione. Un messaggio ambientalista che non stride con la dura linea di coloro che, un po’ come fossero i supereroi di un videogioco al cardiopalma, capiremo essere “solo” degli strumenti e che, in chiusura, si concederanno un ultimissimo viaggio che susciterà un particolare clamore.

La Fact-Finding Writing, «scrittura conoscitiva o scrivere per conoscere», fondata dallo stesso Nebuloni, si impone di informare e intrattenere contrastando la noia. Come? Costruendo immagini, proprio nell’era in cui tutto pare ergersi su di esse. E in tale «ottica stilistica, obiettivo della Fact-Finding Writing è avvicinare il linguaggio cinematografico al linguaggio letterario», mettendo il lettore di fronte a una pagina scritta che si comporta come una videata, uno «schermo di carta che si possa piegare fisicamente».

Nel nome dell’Universo si riconosce perfettamente in tali aspetti-cardine, esplicati e descritti minuziosamente nel Manifesto della Fact-Finding Writing posto in appendice al libro. Anche le scene più raccapriccianti di omicidi e suicidi vengono descritte con cognizione di causa e una certa, non scontata freddezza, senza rincorrere sensazionalismi, ma a favore di un racconto sobrio e realista, con punte di ironia nei dialoghi più delicati o nelle sequenze maggiormente tecniche. Inoltre, le domande e i dubbi dei personaggi del libro sono gli stessi del lettore, che si identifica con loro e si sente accompagnato in un percorso di conoscenza «nel moto perpetuo dell’imprescindibile scrittura». Come in un film che ingloba diversi generi e che fa sua l’arte di appassionare confondendo piacevolmente lo spettatore, l’intreccio della storia conduce il lettore nei luoghi più disparati e gli fa incontrare uomini ora inquietanti ora – fintamente – rassicuranti, talvolta quasi anaffettivi e sentimentalmente asettici, talvolta ironici, ma in fondo rassegnati al proprio “speciale” destino.

Le immagini: la copertina del libro di Giovanni Nebuloni Nel nome dell’Universo e il logo del movimento della Fact-Finding Writing da lui ideato.

Maria Daniela Zavaroni

(LucidaMente, anno X, n. 116, agosto 2015)

viaggi inattesi.nebuloniLa nostra rivista si è spesso occupata della produzione narrativa di Giovanni Nebuloni. Ecco un elenco degli articoli pubblicati a firma di vari redattori:
Le riflessioni di Giovanni Nebuloni sulla scrittura conoscitiva 2;
Le riflessioni di Giovanni Nebuloni sulla scrittura conoscitiva 1;
Un romanzo che indaga su una scienza e una religione folli;
La Fact-Finding Writing come forma conoscitiva;
«…i luoghi dove più si addensava l’energia dell’universo»;
«La testa era collegata a fili che pendevano dall’alto»;
Realtà e finzione nel “fact-finding writing”;
Una tela di mistero tessuta da religioni, servizi segreti e amore;
Nel ventre profondo della divinità;
Dalla metropolitana alla steppa mongola;
Un oscuro enigma di 3500 anni fa;
Un rapido succedersi di abili e sorprendenti colpi di scena;
«Il “doppio” può essere la morte»;
La polvere eterna di Giovanni Nebuloni;

«È una ”kippot”, non devi toccarla!».

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Tags: fact-finding writingfocusgiovanni nebuloniletteraturalibrinel nome dell’universothriller
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