È scomparso da pochi mesi il filosofo marxista nato il 14 novembre 1941. Lo ricordiamo invitando alla lettura del suo fondamentale saggio “La sinistra assente”, edito da Carocci nel 2014
Il 14 novembre di 77 anni fa nasceva Domenico Losurdo, filosofo marxista scomparso lo scorso 28 giugno. Insieme a Paolo Borgognone, Diego Fusaro, Luciano Gallino e Costanzo Preve (anche lui morto recentemente, nel 2013), Losurdo ha rappresentato una delle voci italiane più critiche nei confronti del neoliberismo e della globalizzazione. In occasione della ricorrenza, riportiamo di seguito la recensione del suo saggio La sinistra assente (Carocci), edito nel 2014.
Le elezioni politiche del 4 marzo scorso hanno segnato il tracollo del Partito democratico, che ha disperso gran parte dei consensi maturati in passato, venendo abbandonato dall’elettorato più povero, il quale ha in maggioranza votato per i partiti di orientamento populista come il Movimento 5 stelle e la Lega (vedi “Le sinistre perdono perché non vedono più gli ultimi vagoni del treno”).
Le ragioni di questa crisi vanno ricercate nella metamorfosi intervenuta nella sinistra italiana ed europea nell’ultimo quarto di secolo, come ha fatto notare nel 2014 il filosofo Domenico Losurdo (Sannicandro di Bari, 14 novembre 1941 – 28 giugno 2018) nel saggio La sinistra assente. Crisi, società dello spettacolo, guerra (Carocci, pp. 304, € 23,00). Qui, egli ha asserito che «non poche volte in Occidente la sinistra, sia quella moderata che quella “radicale”, finisce col collocarsi a rimorchio dell’ideologia dominante». Partendo da un’impostazione rigorosamente marxista, Losurdo stigmatizza l’imperialismo degli Stati uniti che ha ripreso vigore dopo la fine della Guerra fredda, anche se camuffato dietro il paravento delle «guerre umanitarie», della «difesa dei diritti umani» e dell’«esportazione della democrazia». A partire dal 1989, infatti, gli Usa hanno sconvolto l’ordine internazionale, riservando alla Nato «il diritto sovrano di intervenire militarmente in ogni angolo del mondo», senza farsi scrupolo di aggredire – con scuse pretestuose – gli «Stati canaglia» (come Afghanistan, Iraq, Jugoslavia, Libia, Panama) e di fomentare colpi di Stato e guerre civili (in Congo, Egitto, Georgia, Honduras, Kosovo, Siria, Ucraina, Venezuela), spacciati ipocritamente dalla stampa mainstream per «rivoluzioni colorate» o «primavere arabe».
Questa folle «volontà di potenza» ha indotto gli Yankees a rafforzare i propri legami con il fondamentalismo islamico sunnita, in particolare con i sovrani wahhabiti dell’Arabia Saudita, desiderosi di egemonizzare il Medioriente a discapito degli Stati a maggioranza sciita generalmente ostili agli Usa (vedi Una tetra bandiera sventola in Medioriente). Le guerre scatenate dalla Nato hanno causato massacri indiscriminati e l’esodo di milioni di profughi che, riversatisi in Europa, ne hanno reso precaria la stabilità politica, innescando di contro la vorticosa ascesa dei partiti nazionalisti e xenofobi. L’economia del Vecchio continente è implosa dopo la crisi bancaria insorta nel 2007 proprio negli States, mentre le ricette neoliberiste, imposte dai vertici dell’Unione europea, hanno prodotto «disoccupazione massiccia, precarietà dilagante, delegittimazione più o meno esplicita dei diritti sociali ed economici e smantellamento più o meno accentuato dello Stato sociale».
Losurdo è convinto che la democrazia rappresentativa sia stata svilita dalle tendenze oligarchiche insite nella globalizzazione e che i poteri decisionali – conferiti a organismi sovranazionali come il Fondo monetario internazionale o la Banca centrale europea – abbiano delegittimato la volontà popolare. Negli Stati occidentali si è spesso affermato il «monopartitismo competitivo», cioè un sistema politico solo formalmente democratico nel quale le differenze tra la destra e la sinistra si sono quasi del tutto annullate, limitandosi a questioni di natura etica (aborto, eutanasia, unioni civili ecc.), senza mai mettere in discussione i fondamenti dell’economia neoliberista. La strategia neocoloniale perseguita dagli Usa, tuttavia, ha finito per ledere gli interessi geopolitici della Cina e della Russia, riproponendo pericolosamente il clima di una nuova Guerra fredda, a tal punto minacciosa che vari analisti e strateghi militari «già studiano i possibili scenari di una guerra su larga scala e persino di una terza guerra mondiale» (vedi La minaccia di una nuova guerra fredda).
Nell’epoca della globalizzazione, contrassegnata dal trionfo della «società dello spettacolo», gli States e i loro alleati europei non hanno esitato a manipolare l’informazione tramite l’uso sapiente dei mass-media (cinema, radio, social network, tv) e il controllo delle principali agenzie di stampa internazionali (come la Associated press e la Reuters), potendo contare anche sul supporto di alcune Organizzazioni non governative che «hanno preso largamente il posto dei missionari cristiani di un tempo». L’opinione pubblica è stata spesso condizionata da sofisticate forme di persuasione – come la «guerra psicologica» e «il terrorismo dell’indignazione» – basate su «propaganda, menzogne deliberate e torsione della verità». Queste tecniche di manipolazione hanno suscitato, nelle persone più ingenue e sensibili, rabbia contro i presunti nemici della libertà e dei diritti umani, inducendo a ritenere necessarie le «guerre umanitarie» scatenate dalla Nato.
La parte finale del saggio di Losurdo è dedicata all’analisi degli errori commessi dalle due componenti principali della sinistra europea – da lui definite, rispettivamente, «imperiale» e «radicale» – in parte corresponsabili dei disastri provocati dalla globalizzazione. La «sinistra imperiale», formata in prevalenza dai partiti socialdemocratici e progressisti, ha assimilato l’ideologia neoliberista e spesso ha sostenuto apertamente le guerre neocoloniali, come testimoniano le posizioni assunte da Norberto Bobbio e Jürgen Habermas, impegnatisi nel 1999 a confutare «coloro che esprimevano dubbi sul carattere moralmente giusto della guerra contro la Jugoslavia». La «sinistra radicale», costituita da gruppi politici e associazioni no global, ha talvolta delegittimato lo Stato sociale, «affascinata da parole d’ordine antistataliste e anarcoidi». Losurdo, in particolare, polemizza con Michel Foucault, Michael Hardt, Serge Latouche, Rossana Rossanda e Slavoj Žižek, nelle cui riflessioni politiche «la teoria critica dell’ordinamento esistente tende a staccarsi dalle “lotte reali”», scadendo nel «corporativismo ecologico» (Latouche) o in posizioni neoliberiste (Foucault, Žižek) e giungendo talvolta a giustificare le «guerre umanitarie» (Hardt, Rossanda).
Losurdo, di contro, elogia il “capitalismo di Stato” introdotto in Cina da Deng Xiaoping, che a suo parere ha garantito un imponente sviluppo delle forze produttive e migliori condizioni di vita agli abitanti, diventando il modello di riferimento per le nazioni del Terzo Mondo in lotta contro l’imperialismo (Cuba, Vietnam, Venezuela ecc.). Questa tesi, in verità, ci sembra discutibile, perché sottovaluta sia gli enormi sacrifici imposti alla popolazione cinese (che vede ancora oggi conculcati i propri diritti civili) sia il ruolo che il regime di Pechino ha assunto all’interno della globalizzazione, della quale è diventato uno dei principali assertori. Conveniamo, invece, con l’auspicio del filosofo pugliese che, in chiusura del saggio, si augura il ritorno sulla scena europea «di una sinistra realmente antagonista all’ordinamento esistente sul piano interno e internazionale».
Le immagini: la copertina de La sinistra assente; il filosofo Serge Latouche (fonte: www.flickr.com; autore: Cinemich); Domenico Losurdo (fonte: www.flickr.com; autore: Museo civico d’Arte antica di Palazzo Madama, Torino).
Giuseppe Licandro
(LucidaMente, anno XIII, n. 155, novembre 2018)