Si può assumere un atteggiamento equidistante nella guerra attuale scatenata da Putin senza pagare il prezzo di essere considerati in qualche modo complici di una brutale aggressione, per non dire del massacro, ai danni del popolo ucraino?
Possibile che davanti agli orrori, alla barbarie, all’abominio, alle atrocità, alle sofferenze bestiali inferte al popolo ucraino, libero e sovrano, che tutte le agenzie giornalistiche indipendenti, le tv, gli inviati di mezzo mondo hanno fatto entrare nelle nostre case, c’è ancora chi, dopo i massacri di Bucha, Mariupol, Kharkiv e di tante altre città e villaggi, le fosse comuni, le centinaia di bambini uccisi, balbettano di equidistanze, geopolitica e di pacifismo peloso?
Milioni di persone, che fino ad alcuni mesi fa vivevano libere e pacifiche, sono state costrette a lasciare precipitosamente il proprio Paese, l’Ucraina, la propria abitazione, il lavoro, lo studio, le tante occupazioni di una vita normale; famiglie disperse, bambini in tutta fretta trascinati via dalle proprie madri per risparmiar loro l’inferno, anziani smarriti in mezzo alle macerie delle loro case distrutte, centinaia di migliaia di cittadini obbligati a rifugiarsi come topi nelle metropolitane, in nascondigli di fortuna, senza viveri, costretti a bere l’acqua dei termosifoni; gli ospedali, gli orfanotrofi, le scuole, i centri commerciali, le stazioni, le chiese, i teatri, le università, le abitazioni civili bombardati indiscriminatamente; intere città fino a ieri rigogliose, dove pulsava la vita normale di persone normali con le loro attività, i ragazzi che andavano a scuola, le mamme che portavano i bambini nei parchi, rase letteralmente al suolo, città della grandezza di Bologna o Firenze che ora non esistono più; dove prima c’era vita adesso ci sono distruzione, macerie e morte. Eppure quelle immagini di devastazione, di orrori, di barbarie gratuita che entrano nelle nostre case e che avrebbero dovuto suscitare un moto istantaneo di disprezzo viscerale per colui che questo orrore l’ha voluto e perseguito con spietato cinismo, incurante delle immani sofferenze che ha imposto a un popolo intero, non bastano ad alcuni “commentatori” e politicanti per portare Vladimir Putin di fronte al Tribunale della Storia e dell’Umanità.
In una notte, il leader del Cremlino, ex spia del famigerato Kgb sovietico, educato al disprezzo della vita umana in nome del fanatismo ideologico, ha distrutto un Paese, i suoi sogni, le sue speranze e ha gettato il mondo intero sull’orlo del precipizio, imponendo la sua lucida follia. Che sia certa destra a mostrare ambiguità, imbarazzo, doppiezza lo si deve al fatto che fino all’altro ieri essa stessa e i suoi megafoni consideravano Putin uno dei più grandi statisti (ma ci rendiamo conto?) sulla scena internazionale. Ma che sia certa sinistra, quell’eterna sinistra parolaia, anarcoide, massimalista, antiatlantista, antiamericana a prescindere, è insopportabile, anche per chi di sinistra lo è sempre stato. Di quale pacifismo parliamo? Di chi mette sullo stesso piano aggressori e aggrediti, saccheggiatori e saccheggiati, di chi usa una potenza di fuoco 100, 1.000 volte superiore a quella del popolo invaso, di chi accomuna Davide a Golia, di chi mette sullo stesso piano le orde barbare dei ceceni, stupratori e tagliagole, e un popolo libero, fiero, che cerca di difendere la propria dignità, la propria libertà, il proprio diritto all’autodeterminazione?
No, il vero pacifismo è chiedere, senza se e senza ma, al brutale invasore di un Paese libero, al despota che ha portato la guerra e la sua barbarie in piena Europa, che ha causato migliaia di morti civili innocenti, che ha fatto precipitare il mondo sul baratro della dissoluzione nucleare, di una crisi energetica senza precedenti, di una possibile carestia alimentare dagli effetti devastanti, di lasciare il territorio che ha invaso, di rispettare il diritto internazionale, l’inviolabilità delle frontiere, la sovranità di un altro Stato, di porre fine ai massacri di cui si è reso responsabile. Anche oggi, come ieri, che la sfida della storia è tra bene e male, tra democrazia e dittatura, tra civiltà e barbarie, certa sinistra teorizza un pacifismo astratto, spezza in quattro il capello fino al punto da teorizzare che il problema non è l’ultimo despota erede dell’Unione sovietica, dove è cresciuto e si è formato. No, il problema è la Nato, anzi gli Stati uniti, che vanno in aiuto, come 80 anni fa in Europa, di un popolo che combatte strenuamente per la sua libertà, per il suo diritto di esistere. Ma in Italia abbiamo certi “maestri del pensiero” che, davanti ai civili massacrati, alle fosse comuni, agli eccidi, ai tagliagole ceceni cui è stata concessa carta bianca di perpetrare brutalità e stupri e alle città rase al suolo, rilanciano la teoria del “né, né” e del “sì, ma anche”, e si schierano apertamente contro l’invio delle armi all’Ucraina, Paese aggredito e in balìa del tiranno, lasciato al suo atroce destino di essere saccheggiato, massacrato dal suo carnefice senza potersi difendere.
È incredibile questa sinistra parolaia, come sempre un passo indietro rispetto alla Storia. È incredibile, pure, come questi “maestri” non sappiano, nei momenti cruciali, da che parte della Storia stare. Certa sinistra, anziché incalzare certa destra, inchiodarla alle sue responsabilità e alle sue contraddizioni per avere avuto una totale identità politica e ideologica con Putin, per essere stata finanziata da lui e per essere entrata nella sua sfera di influenza, paradossalmente la difende, gli dà un assist per uscire dall’angolo. Anziché attaccare i cosiddetti populisti e i sovranisti, che tuonavano ad alzo zero contro l’Unione europea in nome di «padroni a casa propria» e del diritto di ciascun Paese di decidere le proprie sorti politiche, quelli delle radici cristiane del vecchio continente, hanno perso letteralmente la parola. Nemmeno di fronte alla brutalità e alle atrocità di stampo nazista perpetrate dall’esercito russo gli anarco-individualisti di certa sinistra si scompongono e, viceversa, muovono alla carica, per un mai sopito riflesso pavloviano, dell’Occidente e della Nato.
Nei territori occupati i russi si sono subito attivati, così come in ogni dittatura, di cancellare tutti i riferimenti alla storia, alla lingua, alla letteratura ucraine perché semplicemente per il presidente russo non esistono. Se non è totalitarismo questo, che cosa lo è, allora? Ai suoi occhi l’Ucraina ha commesso l’errore fatale di guardare all’Europa, all’Occidente, ai suoi modelli, alle sue capitali; i giovani ucraini hanno commesso l’errore fatale di praticare la democrazia, di andare a libere elezioni e di eleggere presidente Volodymyr Zelens’kyj, un semplice cittadino, un attore comico, esattamente come avremmo fatto noi se solo quattro anni fa Beppe Grillo si fosse presentato alle libere elezioni. Un “comico” che sta dando al mondo intero una lezione di coraggio e di dignità a difesa della libertà del suo popolo. La minaccia della Nato è stata solo una scusa per dare in pasto all’opinione pubblica fatta crescere, e non ce ne siamo accorti, come ai tempi dell’Urss, nella visione di un Occidente prigioniero del proprio degrado morale. Qualcuno ricorda che all’indomani della vittoria dei Måneskin all’Eurovision Song Contest dello scorso anno la tv russa, controllata dal regime, e con essa il patriarca ortodosso Kirill, (sì proprio lui, “l’uomo di Chiesa” che benedice la guerra e l’abominio dei massacri di civili inermi), tuonarono all’unisono contro il degrado morale e l’immoralità dei costumi dell’Occidente?
Il problema di Putin è il suo odio viscerale per la democrazia, per la piena libertà delle persone, per l’autodeterminazione dei popoli, per la libera stampa. Egli non poteva tollerare che la vicina Ucraina esprimesse un popolo libero di decidere liberamente il proprio destino: per questo ha distrutto la vita di milioni di cittadini, ne ha ucciso la speranza, distrutto i sogni, cancellato il futuro, per la sua ossessione contro la democrazia. Mutuando la frase di quel magistrato galantuomo che è stato Antonino Caponnetto, secondo cui la mafia teme più la scuola della giustizia, così possiamo dire che il dittatore russo temeva e teme più la democrazia della Nato. E qualcuno a sinistra può avere il minimo dubbio da che parte stare? Certamente dove ci sono le democrazie occidentali, con la loro libera stampa e le loro opinioni pubbliche, con il diritto di scendere in piazza e criticare anche aspramente la politica del proprio Paese senza correre il rischio di finire in carcere per avere osato solo pronunciare la parola “guerra”.
L’esercito invasore russo ha rubato il grano, rubato le macchine agricole, rubato le navi, rubato l’acciaio, razziato negli appartamenti, portato via gli elettrodomestici come bottino di guerra; i soldati hanno rubato come ladri di galline, hanno deportato migliaia di cittadini ucraini in territorio russo, hanno di fatto rapito e deportato migliaia di bambini ucraini, magari orfani dei loro genitori massacrati dalle orde cecene, per poi farli diventare russi per decreto. Questo non è un esercito che combatte una guerra ma un’orda che compie atti predatori degni delle atrocità dei tempi delle invasioni barbariche, quando il massimo dell’umiliazione del nemico era rapire i bambini per farli crescere nell’odio contro i loro stessi avi. No, non c’è e non ci può essere alcuna ambiguità, alcun tentennamento sullo scegliere da che parte stare. Purtroppo vediamo incredibilmente troppi distinguo, assurdi contorcimenti, inspiegabili equidistanze come se tutto fosse una partita di calcio. Un eterno avanspettacolo, il solito teatrino, l’eterna campagna elettorale anche di fronte all’invasione e al massacro di un popolo. Tra le tante immagini orripilanti di questa guerra, che ci resteranno impresse per tutta la vita, ci sono quelle di una giovane madre e delle sue due bambine distese in mezzo alla strada, nel tentativo vano di scappare dall’orrore e dall’inferno dei bombardamenti, con attorno due valigie con le poche cose che erano riuscite a recuperare. Non sapevano, le povere innocenti, che una mano assassina, in piena Europa, nel 2022, aveva deciso che le loro vite dovevano essere spezzate in nome di un delirio ideologico fuori dalla storia. Anche di queste povere innocenti, così come delle altre migliaia, Vladimir Putin dovrà rispondere davanti alla Giustizia di Dio e degli uomini.
Il vero pacifismo è quello che disprezza l’invasore e ne chiede la condanna davanti alla giustizia degli uomini liberi, a sostegno del popolo aggredito, vicino ai milioni di donne, uomini, bambini, anziani, alle famiglie ucraine che hanno avuto la vita distrutta dalla follia di chi ha deciso cosa può fare e cosa deve essere un popolo con la sola colpa di trovarsi al confine con la Russia, un Paese rimasto ancora alla logica e alla pratica stalinista. Erano certamente pacifisti quelle centinaia di migliaia di giovani soldati che sono morti per combattere il nazismo e che certamente non volevano la guerra; erano pacifisti quelli che in Italia hanno imbracciato il fucile e hanno dato vita alla resistenza al nazifascismo e che certamente non volevano la guerra; erano pacifisti tutti quelli che nelle città europee occupate brutalmente dall’invasore nazista hanno lottato, armi in pugno, per la libertà. Erano certamente pacifisti i partigiani italiani che non hanno esitato a prendere le armi e a combattere per la libertà e contro il nazifascismo. E nessuno si era mai sognato di scambiare la libertà con la ricerca di qualche compromesso.
Alessandro Criserà
(LucidaMente 3000, anno XVII, nn. 199-200, luglio-agosto 2022)